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Il caso

Funivia del Mottarone, ecco i nomi delle otto persone che saranno processate per i 14 morti

Oltre ai dirigenti dell'impianto, anche quelli della ditta Leitner

La funivia

Morirono 14 persone

Una catena di omessi controlli, primo fra tutti quello mensile sulla fune. Anomalie e piccoli incidenti spia di qualcosa che non andava, nascosti e mai annotati sui registri dell’impianto. Mancati o insufficienti investimenti, anche sul personale, pur di risparmiare e guadagnare senza badare nemmeno a conflitti di interesse. E infine la malaugurata consuetudine di inserire i forchettoni per evitare che le cabine si bloccassero all’improvviso in piena corsa, per via dei freni di emergenza, costringendo a manovre dispendiose per far scendere i passeggeri.

C’è un insieme di «negligenza, imprudenza, imperizia e violazione delle norme sulla sicurezza dei trasporti e indicate nei manuali di manutenzione che risale indietro nel tempo», alla base dell’incidente della funivia del Mottarone in cui, il 23 maggio 2021, hanno perso la vita 14 persone, tra cui due bimbi. Ne è convinta la procura di Verbania che ieri, a due anni dalla tragedia, ha chiuso le indagini riducendo il numero degli indagati che da 14 sono passati a 8. Destinatari dell’avviso di conclusione dell’inchiesta, che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, sono, oltre alle due società, Luigi Nerini, titolare della Ferrovie del Mottarone, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, allora rispettivamente direttore d’esercizio e capo servizio dell’impianto e, per Leitner, il gruppo incaricato della manutenzione, Anton Seeber, presidente del Cda, Martin Leitner, consigliere delegato e Peter Rabanser, responsabile del Customer Service.

Destinatari dell’avviso di conclusione dell’inchiesta, che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, sono, oltre alle due società, Luigi Nerini, titolare della Ferrovie del Mottarone, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, allora rispettivamente direttore d’esercizio e capo servizio dell’impianto e, per Leitner, il gruppo incaricato della manutenzione, Anton Seeber, presidente del Cda, Martin Leitner, consigliere delegato e Peter Rabanser, responsabile del Customer Service

Le accuse contestate a vario titolo sono «attentato alla sicurezza dei trasporti, rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni colpose gravissime» e, solo per Tadini e Perocchio, anche il falso. Il procuratore Olimpia Bossi, che con il pm Laura Correra ha coordinato le indagini condotte dai carabinieri, ha chiesto anche l’archiviazione per 5 tecnici delle aziende che, in subappalto, si erano occupate dei controlli e di colui che ha realizzato la testa fusa relativa alla cabina poi precipitata. Nell’atto notificato, alla luce anche di un esame delle perizie sulle cause del disastro redatte da due collegi di ingegneri, vengono riproposti i temi al centro delle indagini con l’aggiunta di alcuni particolari non secondari. Al di là delle responsabilità in capo a Nerini, Perocchio e Tadini e alla loro scelta letale e illegale di inserire i forchettoni, i magistrati hanno messo a fuoco il ruolo di Leitner e dei suoi dirigenti: non avrebbero vigilato «adeguatamente affinché il servizio di direzione di esercizio, affidato con un contratto strutturalmente inadeguato» a Perocchio, fosse conforme alle norme, con riferimento alla programmazione e predisposizione «controlli a vista mensili» sulla fune che poi si è spezzata.

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