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Il processo

Bigliettopoli, assolto il re dei concerti: «Hanno distrutto un’azienda per niente»

Biglietti ai vip in cambio di favori: sei condanne al termine del processo di primo grado

Bigliettopoli, assolto il re dei concerti: «Hanno distrutto un’azienda per niente»

Assolto. Giulio Muttoni, il “re dei concerti”, non è colpevole. E come lui, altri 6 imputati. Si è concluso ieri, con sei condanne e sette assoluzioni, il processo di primo grado su Bigliettopoli, uno scambio di favori e biglietti di concerti, di cui in più occasioni avrebbero usufruito anche politici e funzionari pubblici. I reati contestati a vario titolo sono stati corruzione, turbativa d’asta, traffico di influenze illecite e rivelazione di segreti d’ufficio. Tra gli assolti, come detto, c’è Giulio Muttoni, che era stato chiamato in causa nella veste di patron della nota società promotrice di spettacoli musicali Set up live: «Se ripenso a tutta la vicenda nel complesso provo molta amarezza, perché avrei preferito decidere io quando andare in pensione e non farmelo dire da altri. So di essere una brava persona e di non aver mai fatto niente di male nella mia vita». Per lui erano stati chiesti 18 mesi per corruzione impropria, in riferimento alla cessione di biglietti omaggio in cambio di favori. Per alcuni episodi è stato assolto, perché il fatto non sussiste, per altri è subentrata la prescrizione.

In aula c’era anche l’ex senatore Pd Stefano Esposito, amico di Muttoni (i due si sono abbracciati), come sottolineato a fine udienza dal lui stesso. «Stefano mi è stato vicino - ha detto Muttoni - è un mio fratello. Mentre altri, come alcune aziende, mi hanno voltato le spalle quando sono stato rinviato a giudizio, anche se con queste c’erano rapporti di stima e di amicizia». Nell’inchiesta era stato coinvolto anche Esposito, la cui posizione era però stata archiviata nel dicembre scorso a Roma, dopo che la Consulta aveva dichiarato illegittime le migliaia di intercettazioni a suo carico. Proprio in relazione a questa vicenda il Csm ha sanzionato nei giorni scorsi per non avere chiesto l’autorizzazione parlamentare il pm Gianfranco Colace (che oggi non era in aula), col passaggio alla funzione civile, trasferimento a Milano e perdita di un anno di anzianità, e la giudice delle indagini preliminari, Lucia Minutella, con la censura. 

«Gli hanno distrutto l’azienda, lasciato senza lavoro decine di persone. Risultato? Assolto. Muttoni è stato intercettato 33.000 volte», evidenzia Esposito. La pena più alta è stata inflitta all’ex capo scorta del pm Andrea Padalino, Davide Barbato, condannato a due anni, tre mesi e quindici giorni, ma solo per i reati di accesi abusivi e assolto per tre casi di corruzione. Gli altri cinque imputati condannati all’epoca dei fatti erano dipendenti comunali e delle forze dell’ordine.

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