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Il caso
05 Luglio 2024 - 07:30
«Con le azioni collettive anche i singoli possono avere giustizia contro le grandi industrie».
Parte da un concetto alla “Robin Hood” l’avvocato Stefano Commodo, che insieme al collega Renato Ambrosio dirige l’omonimo studio torinese. E che da anni porta avanti cause collettive come quella “dedicata” ai respiratori Philips, accusati di essere pericolosi per la salute e la vita umana (per ulteriori informazioni, www.cpapeurope-classaction.com).
«Il settore delle class action è importante in un’economia evoluta e moderna come la nostra, che possiamo definire del “capitalismo di massa” - riflette ancora il legale - Queste azioni collettive offrono una tutela al singolo cittadino. Il quale può chiedere risarcimenti per una classe intera di persone, condividendo il rischio e il beneficio della causa. Così si organizzano iniziative legali che, singolarmente, sarebbero impossibili da attuare contro una grande industria: le cause collettive permettono di dotarsi di una “potenza di fuoco” sufficiente per andare contro i colossi».
A questo proposito, l’avvocato Commodo cita un caso che ha fatto storia a livello mondiale: «Chi penserebbe di fare una causa a McDonald’s per un caffè bollente?». Eppure, nel 1992, l’allora 79enne Stella Liebeck aveva chiesto a un risarcimento di 3 milioni di dollari al “re” degli hamburger: la signora si era rovesciata addosso un bicchiere di caffè, provocandosi ustioni di terzo grado a gambe, inguine e natiche. Alla fine il tribunale di Albuquerque (Nuovo Messico) aveva stabilito un risarcimento intorno ai 500mila dollari: «La causa servì a correggere la condotta dell’azienda, che speculava sulla qualità del caffè attraverso la temperatura troppo alta».
Lo stesso studio Ambrosio & Commodo è stato protagonista di cause collettive “celebri”, come quelle intentate negli anni ‘90 contro le case farmaceutiche, in difesa di centinaia di persone contagiate da epatiti e Hiv. Ora, invece, sta lavorando al cosiddetto “Dieselgate”, lo scandalo nato dalla truffa sulle emissioni dichiarate di veicoli Volkswagen, Audi, Škoda e SEAT equipaggiati con motore diesel EA 189. Quale sarà la prossima tappa? «Mentre portiamo avanti la causa sui respiratori, abbiamo già sul tavolo quella sugli airbag difettosi delle auto Stellantis - risponde ancora l’avvocato Commodo - Se ne sta occupando il collega Stefano Bertone, che fa parte del nostro studio e, come presidente del Global Justice Network, ha tenuto la conferenza stampa di Bruxelles sulla vicenda Philips: su questo nuovo fronte si sta già organizzando un gruppo di lavoro».
Il riferimento del legale torinese è al caso, già trattato più volte da TorinoCronaca, dei famigerati “airbag killer”. «In caso di incidente, l’airbag del conducente potrebbe esplodere, lanciando schegge metalliche che potrebbero causare la morte» si legge nelle lettere inviate ai proprietari di quattro modelli di Chevrolet (Aveo, Cruze, Orlando e Trax, prodotte fra il 2009 e il 2018). Ma un allarme simile sta riguardando anche migliaia di Citroen, Toyota e Volkswagen, che hanno inviato lettere di richiamo ai proprietari dei veicoli. I quali ora sono sul piede di guerra. Anche perché molti di loro sono ancora in attesa, visto che mancano i ricambi per sostituire i pezzi difettosi: «E’ stato appena emesso un provvedimento di ritiro per 600mila vetture - conclude Commodo - Ora stiamo raccogliendo informazioni utili per sviluppare un’eventuale azione risarcitoria anche in questo ambito». E sarebbe un nuovo "scontro" con la galassia ex Fiat, già nel mirino dell'azione collettiva sui respiratori: Philips è partecipata al 17,51% dalla Exor di John Elkann, cui ovviamente fa capo anche Stellantis. Il nipote dell'Avvocato Gianni Agnelli ha appena aumentato le quote e punta ad arrivare al 20%.
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