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Il blitz
14 Luglio 2024 - 08:00
Da covo di spacciatori a rifugio dove stipare i braccianti, che abitavano tutti lì rigorosamente in nero: è la "parabola" del residence della stazione di Alba, di proprietà di Rfi ma gestito da un dentista della cittadina cuneese. Che nelle scorse ore è stato sgomberato dai carabinieri, ultimo atto di una lunga indagine che ha portato alla luce un sistema di spaccio ben organizzato e aggiunto un altro tassello all'emergenza dell'immigrazione e dello sfruttamento dei braccianti nelle Langhe. Mica per niente i sindacati hanno organizzato per martedì una grande manifestazione contro il caporalato, proprio nel centro di Alba.
L'8 febbraio i carabinieri della Compagnia di Alba avevano effettuato un primo controllo nell'area della stazione ferroviaria e, in particolare, nel residence. Così avevano arrestato per spaccio di droga due persone irregolari sul territorio nazionale. Le ulteriori indagini avevano avevano permesso di documentare numerose cessioni di sostanze stupefacenti, tra cui hashish, marijuana e ketamina. È emerso un sistema collaudato, messo in atto da cinque indagati con ruoli ben definiti, che avevano trasformato l'area tra il residence e i giardini pubblici in un vero e proprio supermarket della droga. La clientela aumentava notevolmente soprattutto nelle ore pomeridiane e serali, rendendo la zona un punto di riferimento per gli acquirenti di stupefacenti.
Oltre all'attività di spaccio, le indagini hanno rivelato gravi carenze in materia di sicurezza e igiene all'interno del residence, con cavi elettrici scoperti, pareti a pezzi e una lunga fila di brandine. Tanto che il comune di Alba aveva emesso un'ordinanza di cessazione dell'attività, da eseguirsi entro il 6 marzo, a cui il gestore non ha mai ottemperato.
Ora il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Asti, su richiesta della procura, ha emesso un'ordinanza cautelare di divieto di dimora nella provincia di Cuneo per i cinque indagati. Ma due di loro sono attualmente ricercati.
Quando l'altro giorno i carabinieri hanno fatto irruzione, però, non hanno trovato i pusher ma 17 lavoratori stagionali stranieri. Soprattutto macedoni e albanesi con regolare permesso di soggiorno, che lavorano nelle vigne e pagavano fino a 500 euro per vivere in condizioni degradanti. Adesso, con l’assistenza del Comune e dei datori di lavoro, hanno trovato tutti una nuova destinazione.
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