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Sanità

Il medico risponde: come possono aiutare i familiari una persona che soffre di Alzheimer?

La dottoressa Stefania Cammarosano, specialista in Neurologia dell'Ospedale Koelliker, risponde alle domande più comuni sull'Alzheimer

I familiari svolgono un ruolo fondamentale nel supportare una persona con Alzheimer, perché oltre alle cure mediche, ciò che conta è la vicinanza affettiva e la creazione di un ambiente sereno e sicuro. Possono aiutare mantenendo una routine stabile, che riduce la confusione; stimolando la memoria attraverso foto, musica e ricordi condivisi; e offrendo supporto pratico nelle attività quotidiane senza mai far sentire la persona inadeguata. È importante anche comunicare con calma e chiarezza, rispettando i tempi della persona malata. Allo stesso tempo, i familiari devono ricordare di prendersi cura anche di sé stessi, cercando momenti di riposo e supporto, perché il benessere del caregiver è parte integrante della qualità di vita di chi vive con l’Alzheimer. Per rispondere ad alcune domande su questa malattia, abbiamo intervistato la dottoressa Stefania Cammarosano, specialista in Neurologia dell'Ospedale Kolelliker.

Come possono aiutare i familiari una persona che soffre di Alzheimer?

"Per assistere un anziano affetto da malattia di Alzheimer è utile creare una routine stabile, con orari e ambienti prevedibili. Piccoli gesti, come non modificare l'arredo delle stanze, mettendo al contempo in sicurezza quegli ambienti che potrebbero rappresentare una fonte di pericolo per la persona malata. Mantenere costanti gli orari dei pasti, lasciare dei promemoria visivi, ridurre al minimo i rumori di fondo possono avere un impatto molto positivo sullo stato di sicurezza e ridurre la confusione del paziente. Esperienze condivise, come apparecchiare insieme la tavola, piegare gli indumenti, ascoltare musica o sfogliare album fotografici, possono rappresentare delle occasioni di stimolazione cognitiva e ben sappiamo che la memoria emotiva resiste più a lungo di quella cognitiva. Non è importante puntare alla prestazione, né correggere ogni singolo errore, ma è molto più importante valorizzare quello che resta rispetto a sottolineare quello che manca. Questo atteggiamento riduce l'ansia e la frustrazione, sia nel soggetto che nel caregiver. Frasi brevi, un tono calmo e pacato possono favorire la relazione, mentre al contrario un tono molto acceso, concitato, può spaventare la persona, aggravandone lo stato di confusione. Accanto alla comunicazione verbale è fondamentale curare anche quella non verbale. Un atteggiamento accogliente, positivo, paziente, accompagnato da piccoli gesti come un sorriso, una carezza o comunque il contatto visivo, possono avere un valore molto più importante di tante parole.

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