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17 Marzo 2025 - 06:30
Un caso ogni 40mila. Ed è capitato a Lisa Orrico, 46 anni, che quando ha partorito al Regina Margherita ha scoperto che la sua Simona (sei anni compiuti il 14 marzo) era affetta dalla sindrome di Cornelia de Lange, malattia genetica multisistemica rara. «Con mio marito siamo venuti a Torino dalla Calabria, per far nascere la bimba. Pensavamo di restare due settimane e invece abitiamo qui da sei anni». Perché Simona, già affetta da cardiopatia congenita, dopo la nascita è rimasta in ospedale tre mesi in condizioni gravissime, per poi tornare a Cosenza e ritornare, nuovamente, in Piemonte. Complicazioni, polmoniti, due interventi e alla fine i dottori le hanno salvato la vita. Qui però è iniziato il calvario dei genitori. «Entrambi abbiamo perso il lavoro - racconta Lisa - e dovevamo seguire una figlia con disabilità grave. Io sono diventata caregiver, senza esperienza né tutele. Ricordo il lockdown, quando ci occupavamo di Simona senza sapere nulla». Lisa si è quindi inventata infermiera, oss, educatrice. «Ma io sono un grafico, lavoravo in una casa editrice». Un altro mondo, insomma.
E mentre Roberto, il marito, si è rimesso a studiare e dopo aver vinto il concorso ora è insegnante, Lisa non lavora da sei anni. Da quando, in pratica, è nata sua figlia. E le difficoltà sono parecchie. «Ricevo il contributo per l’assistenza domiciliare - racconta - ma le spese sono troppe tra logopedia privata in supporto a quella dell’Asl, logopedia per la comunicazione e parafarmaci». Da qui l’idea: creare un’associazione per cercare altre mamme come lei con figli disabili che si devono improvvisare caregiver. «Quando sei in ospedale - dice Lisa - hai protezione. Una volta fuori è difficilissimo». Nel 2024 è nata Mimola, associazione il cui nome richiama il nomignolo di Simona, pensata per sostenere famiglie di bambini e ragazzi con disabilità. Aiutare chi, caregiver, ci è diventato per forza. In Italia si stima che i caregiver siano il 14% della popolazione. Ma il numero preciso non esiste «perché quello del caregiver è un lavoro, che però non è riconosciuto o certificato. Cosa chiedo alla nostra sanità? Più tutele perché non ci si improvvisa oss, infermiere o dottoresse dall’oggi al domani. E io, senza una “rete” con altre mamme, non ce l’avrei fatta ad aiutare mia figlia».
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