Sono le note di “Giusy”, cantata da Ultimo, a dire la verità. La musica è stata diffusa da una cassa acustica sul sagrato della chiesa parrocchiale di Montanaro. «Giusy ha visto tante cose per i pochi anni che ha - dice la prima strofa -. È una vita che non riesce a avvicinarsi alla realtà. Giusy ha spento ogni passione e la gente ora ha spento lei». Un omaggio alla cantastorie da parte dei vicini di casa del quartiere Coppina di Chivasso.
Poi il lancio dei palloncini bianchi che si perdono nella foschia di una giornata uggiosa e triste. Questo l’epilogo delle esequie, celebrate ieri, di Giuseppina Arena, la donna di 52 anni trucidata con tre colpi di pistola sparati alla testa in un bosco in frazione Pratoregio. Le note di Ultimo accompagnano il commiato fino alla tumulazione, tra la commozione dei presenti e le lacrime del fratello Angelo che ha seguito l’intera celebrazione in silenzio e ha ricevuto gli abbracci degli amici senza mai mutare l’espressione di dolore del suo volto. Con lui i figli: Simone, Samuele, Serena, Giada e Artur.
Per il rito funebre la chiesa era gremita, «sono due comunità che si riuniscono, quella di Chivasso e quella di Montanaro», hanno detto monsignor Angelo Borgia, arciprete di Montanaro, celebrante, e i concelebranti, i parroci di Coppina e Blatta, don Giampiero Valerio e don Tonino Pacetta e un frate di frazione Cappuccini, rappresentante del convento francescano del Chivassese. Sul feretro in legno chiaro c’era un cuscino composto di rose bianche («I tuoi cari») e poi una piccola corona portata a mano da chi Giusy la conosceva da sempre: «I tuoi compagni di classe». Per i funerali monsignor Borgia ha scelto un passo biblico dal “Libro delle lamentazioni” e il Vangelo di Giovanni, «che io non perda nulla di quello che lui mi ha dato». Passaggi dell’Antico e del Nuovo Testamento che hanno consentito al monsignore di esprimere alcune riflessioni: «Dopo le tante, troppo parole di questi giorni, pronunciate anche in buona fede, ora è il tempo del silenzio».
Come dire, «lasciate che le forze dell’ordine lavorino con scrupolo, senza commentare ne, tanto meno giudicare». L’indicazione di monsignore è stata accolta, specie da chi, nei giorni scorsi ha parlato a sproposito, ma è altrettanto vero che il «delitto di Pratoregio resta un mistero, almeno per ora, perché le indagini sono complesse e difficili», diceva nei giorni scorsi un luogotenente di lungo corso dell’Arma dei carabinieri. «Forse tra noi c’è anche l’assassino», si è lasciata sfuggire ieri un’anziana “pia donna” della parrocchia con un velo nero ricamato sul capo che poi si è inginocchiata di fronte all’altare dedicato al “cuore trafitto di Gesù”, per pregare per l’anima di Giusy e per il pentimento, se non per la redenzione del killer. Un pentimento che finora non c’è stato, così come non sono state pronunciate parole di perdono per quello spietato assassino. Intanto, sul piano delle indagini, si attendono ancora gli esiti del guanto di paraffina somministrato al fratello della vittima lo stesso giorno del delitto.
Risultati sui quali, allo stato dei fatti, però, i carabinieri del Nucleo operativo e quelli della compagnia di Chivasso, non attribuiscono un valore decisivo. Infatti, sembra che le indagini da pochi giorni stiano seguendo un pista precisa sulla quale, però, c’è il massimo riserbo. «E’ un’indagine tradizionale - spiegano in via Valfré - che non può contare sul supporto di celle telefoniche o video di sorveglianza», per cui ci vorrà un po’ più di tempo, ma l’esito appare scontato. Per ora, quindi, ci si deve accontentare delle note di Ultimo: «Giusy tu lasciali parlare. E ricorda è dal dolore che si può ricominciare».
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