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Il videoracconto
22 Settembre 2023 - 00:04
Qualcuno vede dei ragazzi spaesati e si mostra accogliente. Altri notano il “diverso” e sono diffidenti, in soggezione. Ma la maggioranza degli intervistati ha paura di questa «invasione» di stranieri in un quartiere che nei decenni ha accolto istriani, esuli di ritorno dalla Libia e italiani che cercavano fortuna al Nord. Ora, però, prevalgono i timori di fronte alle centinaia di persone che arrivano in via Traves e poi girano tra le case popolari delle Vallette e lo stadio della Juventus: ieri erano quasi 600, stipati fra i letti a castello dei container e tende allagate dalla pioggia. E gli arrivi sono continui.
Tra paura e aiuto
La prima a dire la sua è la signora Tina: «Bisogna aiutarli in un altro modo, non li possiamo accogliere e lasciarli in giro per la città. Non tutti sono cattivi ma stiamo avendo problemi di delinquenza e siamo preoccupati». Fra le case popolari c’è chi parla di furti e aggressioni: «Abbiamo sentito di tutto, anche di una ragazza violentata - riferisce le voci la signora Francesca - In via Traves abbiamo paura a passare e a uscire, soprattutto la sera. E spesso ce li ritroviamo anche in cortile: che succede se lasciamo il portone aperto?». Conferma Marco: «Lì vedi lì a gruppi ed effettivamente mettono timore». Soprattutto a chi si sente più debole: «Nostra nipote ha 15 anni e non esce nemmeno di casa - riferiscono Domenico e Roberta - La devo portare e accompagnare a scuola in macchina: saranno bravi ragazzi ma lei ha paura».
Tutti li vedono in giro per il quartiere alla ricerca di un collegamento a internet: «Li lasciano abbandonati tutto il giorno, capisco che qualcuno abbia paura - riflette Filippo - Ma sono bravi ragazzi, io ne ho accolti un paio in casa per dare loro un pasto caldo e la connessione: ci hanno raccontato le loro brutte storie, uno è partito perché gli hanno ucciso i genitori». Maria coglie l’occasione per sfogarsi: «Viene concentrato tutto qui alle Vallette. Io scrivo continuamente alle amministrazioni ed è una vergogna: siamo un ghetto abbandonato, altro che le promesse di riqualificare le periferie». Rosalba la pensa diversamente: «Io non li ho neanche notati e penso che sia giusto accogliere, anche se bisogna aiutarli con un lavoro». Una ragazza, Francesca, ha un’opinione opposta alla sua omonima: «Lo spazio di via Traves è disumano, questi sono disperati giovanissimi che accettano simili condizioni perché da loro è ancora peggio: altrimenti non farebbero questo viaggio. Noi cerchiamo di dare loro una mano, raccogliendo vestiti e soldi ma spesso veniamo criticati».
Quali soluzioni?
Per tutti gli intervistati la situazione attuale non è sostenibile. E ognuno ha una proposta per risolvere il problema, diversa a seconda della posizione di partenza: «Bisogna sistemare le cose nel loro Paese» propone Tina. La signora Francesca ci va giù pesante: «Vanno mandati via perché qui vengono soprattutto i delinquenti. Io dico di affondare le barche». Domenico chiede di fermare gli sbarchi o almeno «di metterli in un posto lontano dai centri abitati, magari in una delle tante fabbriche abbandonate». Anche l’altra Francesca, la più accogliente degli intervistati, è preoccupata: «E’ evidente come siamo tutti allo stremo, noi e loro. Se non si interviene, qui succede qualcosa di grave. Ma temo che non si voglia trovare una soluzione perché è meglio spostare l’attenzione e l’odio verso questi poveri ragazzi».
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