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La sentenza

Nonna Pina, uccisa con la mazza da baseball: maxi sconto di pena al nipote

Accordo tra difesa e procura generale: dall'ergastolo si passa a 30 anni di carcere con un concordato

Nonna Pina, uccisa con la mazza da baseball: maxi sconto di pena al nipote

Di sicuro avrà fatto bene alla macchina farraginosa dei tribunali, un po' meno a quella Giustizia che, almeno per la gente comune, si ottiene quando un giudice pronuncia la sua sentenza. Il concordato in appello, abrogato nel 2008,  e poi reintrodotto con l’obiettivo di ridurre il numero dei procedimenti che la giustizia (quella con la g minuscola) non è in grado di celebrare in tempi dignitosi, è di nuovo stato applicato. Ancora una volta - come avvenne a Torino alcuni anni fa per il caso di un uomo sgozzato da un altro con i cocci di una bottiglia di birra - per un omicidio. 

Giuseppina Addante, detta nonna Pina

Il 29 aprile 2019 una donna di 86 anni, Giuseppina Addante, che nel quartiere chiamavano "nonna Pina" fu gravemente ferita a colpi di mazza da baseball nel proprio appartamento in corso Giulio Cesare, a Torino, e un mese dopo morì in ospedale. Oggi per il nipote Tomas Scancarello, 45 anni, processato con l'accusa di essere stato l'autore dell'aggressione, la Corte d'assise di appello ha riformulato la pena a trent'anni di carcere in seguito a un concordato fra difesa e procura generale. La Cassazione aveva annullato la precedente condanna all'ergastolo per una questione giuridica legata alla cosiddetta 'connessione teleologica' fra reati diversi. Scancarello, detenuto ad Alessandria, si è sempre proclamato innocente.

Tomas Scancarello

Secondo le indagini, svolte dalla polizia, aveva ucciso la donna mentre tentava di rubarle del denaro che, verosimilmente, avrebbe impiegato per procurarsi della droga. Le varie tappe del procedimento giudiziario (nel corso del primo grado il tribunale aveva ordinato una ricostruzione fatta con telecamere e "attori", ndr) hanno portato a concludere che si è trattato di un omicidio abbinato a una rapina impropria. "Non possiamo dirci scontenti - commenta l'avvocato Cosimo Palumbo, che ha assistito l'imputato con la collega Silvia Alvares - perché la differenza tra un ergastolo e trent'anni di reclusione non è di poco conto". 

La ricostruzione della polizia con un attore

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Il concordato in appello è una sorta di patteggiamento nel secondo grado. E forse è peggio, dal punto di vista delle vittime (ovviamente presunte fino alla Cassazione), perché il "patto" tra accusa e difesa (sempre a favore dell'imputato) interviene sulla base di una condanna a cui si è arrivati dopo mesi di indagini e udienze come risultato di una battaglia (figurata) tra le parti costata tanta fatica e sofferenza. Una battaglia in punta di diritto a cui la Procura (in questo caso generale) in questo caso rinuncia per ragioni che chi ritiene di aver subito un torto non riesce a comprendere.  

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