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Il processo
05 Dicembre 2023 - 06:30
La pistola sequestrata dalla Squadra mobile nel corso dell'indagine
«Ti abbiamo prestato soldi che venivano da Palermo, li devi restituire perché servono ai detenuti in Sicilia». Altrimenti «non posso più rispondere per te, da giù mi hanno incaricato di tagliarti la gola e di ammazzare i tuoi figli».
Era con parole di questo tipo che un 67enne palermitano minacciava un industriale torinese. Fino a quando è stato arrestato, a luglio 2022. E ieri è arrivata la condanna a 7 anni per usura ed estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Giovanni (nome di fantasia) si era rivolto a due conoscenti nel 2018, quando era fallita una sua società. Per far fronte ai debiti, ha chiesto loro un prestito di 175mila euro. E, per ottenerlo, ha accettato di versare ogni mese un interesse del 10% sul capitale. Così, in 4 anni, ha versato oltre 650mila euro, senza riuscire a staccarsi dai tentacoli degli strozzini. Anzi, per chiudere i conti, avrebbe perfino accettato di cedere loro i 450mila euro incassati dalla vendita di un terreno.
Nella primavera del 2022, però, Giovanni si è ritrovato con le spalle al muro. Non riuscendo più a pagare, sono arrivati gli schiaffi e le minacce. Così ha denunciato tutto, assistito dall’avvocato Roberto Piacentino: da lì è iniziata un’indagine della squadra mobile di Torino, coordinata dal pubblico ministero Eugenia Ghi. A luglio 2022 sono scattate le manette e le perquisizioni: a casa degli arrestati sono spuntati anche una pistola rubata a Pavia e 33mila euro.
Nel successivo processo, uno degli arrestati ha scelto il giudizio abbreviato ed è stato condannato a 3 anni e 4 mesi di reclusione per i reati di usura e tentata estorsione, commessi con l’aggravante del metodo mafioso. Un altro ha patteggiato 2 anni e 8 mesi per il solo reato di usura.
Rimaneva il terzo, unico ad aver scelto di affrontare il processo ordinario, difeso dall’avvocato Basilio Foti: per lui la pm Ghi aveva chiesto una condanna a 7 anni di carcere, proprio quanto deciso oggi dal giudice Paolo Gallo. E proprio quanto detto dagli accusati durante una delle tante conversazioni intercettate dalla Squadra mobile: «Se non stiamo attenti ci becchiamo 7 anni».
Per Giovanni è già stato previsto un risarcimento di 540mila euro, ora si aggiunge una provvisionale. E per la vittima dovrebbe aprirsi un percorso di tutela e sostegno economico gestito dalla Prefettura e dal Ministero dell’Interno.
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