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La denuncia

«Ricoverate la bimba o vi ammazziamo»: infermiere aggredite da papà, mamma e nonna

Il sindacato Nursind: «Ora basta, questi episodi sono all'ordine del giorno»

infermiere gn

Foto di repertorio

«Vi spezzo le gambe, bastarde». E ancora «vi aspetto fuori e vi ammazzo, puttane e stronze». Insulti e minacce urlate dentro un ospedale, nei confronti delle infermiere ritenute "colpevoli" per il mancato ricovero di una bambina: è il motivo per cui si sono sentite dire di tutto da mamma, papà e nonna della piccola. Ora li hanno denunciati e hanno scelto di rendere pubblica la loro versione.

Il fatto è successo intorno alle 4.30 di stanotte all'ospedale Maria Vittoria, quando i medici del reparto di Pediatria hanno deciso di mandare a casa la bambina dopo la prima visita. Le due infermiere erano nella postazione di triage e si sono ritrovate davanti mamma e nonna, arrabbiate per le dimissioni: probabilmente erano convinte che servisse il ricovero e per questo hanno aggredito verbalmente le infermiere, senza dar loro il modo di spiegare che potevano tornare in reparto per chiedere chiarimenti. Anzi, è entrato anche il papà e ha aggiunto una serie di insulti, sputi e minacce. Fino a quando i tre sono stati allontanati dall'ospedale.

Le infermiere hanno sporto denuncia in queste ore e si aggiungono alla lista dei tanti sanitari aggrediti negli ospedali e negli ambulatori di Torino e provincia. I casi sono tanti anche solo nelle ultime settimane.

«Siamo sconfortati perché le aggressioni sono all'ordine del giorno - si sfoga Francesco Coppolella, segretario regionale del Nursind, il sindacato degli infermieri - Sembra che sia un problema irrisolvibile: al Maria Vittoria chiediamo da tempo un presidio fisso di polizia, che sarebbe previsto dalle 8 alle 20 ma non è sempre garantito. E la notte non c’è nulla». Coppolella lancia un appello alla politica e ai dirigenti delle Asl: «Le aziende dovrebbero iniziare a pensare di costituirsi parte civile e non lasciare soli i dipendenti, visto che questi episodi succedono su un posto di lavoro pubblico. Chiediamo un riflessione importante su questo tema».

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