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L'ALLARME
21 Marzo 2024 - 13:26
Il 34% delle imprese della componentistica e il 43% degli occupati è ad alto o medio "rischio spiazzamento" perché i componenti non sono presenti nei veicoli elettrici.
È quanto emerge dal rapporto Ires Piemonte relativo alla componentistica dell'automotive nella nostra regione in forte difficoltà, tra la crisi di Mirafiori e la concorrenza con la Cina.
"Il momento non è semplice considerando che i componenti delle auto elettriche sono meno di un terzo rispetto ai veicoli a motore termico, in media 400 contro i 1.400" spiega il ricercatore Ires, Salvatore Cominu, che ha condotto il report insieme a Santino Piazza e Fulvia Zunino, su 183 imprese piemontesi.
L'INDOTTO SCARICA STELLANTIS
Ciò significa meno meno produzione e meno lavoro: i dipendenti dell’indotto a rischio sarebbero infatti circa 25mila e sono sempre di più le imprese che, per sopravvivere, sono costrette a “scaricare” la vecchia Fiat e Mirafiori. «Circa due terzi delle imprese, che contano 55mila occupati in Piemonte - spiegano i ricercatori - lavorano per altre società che non sono Stellantis».
GLI IMPRENDITORI: "L'ELETTRICO CI PENALIZZA"
Durante la presentazione dello studio, introdotta dal presidente di Ires Michele Rosboch e l'assessore regionale Andrea Tronzano, sono intervenuti anche gli imprenditori della componentistica che hanno espresso forti preoccupazioni sulla transizione green in atto.
"L'elettrico ci porterà problemi. In Italia abbiamo tutte aziende medio piccole che rischiano di non riuscire a stare al passo con la transizione" spiega Alberto Russo, ceo Leva Spa, azienda che ha puntato molto sull'Africa. "Per essere competitivi con i cinesi è necessario puntare sulle tecnologie".
"Noi abbiamo spostato il 40% del fatturato su compenti di powertrain compatibili con i veicoli elettrici, ma credo sia necessario che sia il mercato a decidere quale veicolo si debba vendere e comprare, se si raggiunge comunque la neutralità delle emissioni anche con il motore termico" dichiara Edoardo Pavesio, presidente di Sila Group che importa grandi quantità di materiale dalla Cina.
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LA CONCORRENZA CON LA CINA
Un Paese, la Cina, che sta sempre più minacciando l'automotive europeo, non soltanto nell'ambito produttivo, ma anche nell'ingegneria e nel design.
"La Cina è un mercato difficile perché i cinesi sono diventati bravi, lavorano 10 ore al giorno sei giorni su sette, e hanno sviluppato modelli più innovativi di quelli europei" spiega Antonio Casu, ceo Italdesign di Moncalieri. "Per decenni - aggiunge - i produttori europei hanno delocalizzato in Cina perché costava meno, così i cinesi si sono evoluti poco alla volta fino a diventare autosufficienti nella produzione, ma lo sono sempre più anche nell’ingegneria e nel design. Infatti noi che disegniamo carrozzerie abbiamo dovuto diversificare i nostri servizi".
Per Valter Brasso, Teoresi Spa, azienda torinese di software: "È necessario dare un servizio di qualità e non delocalizzare la produzione, come imprenditori invece abbiamo la responsabilità di tipo sociale nei confronti del territorio".
QUALI STRATEGIE PER IL FUTURO?
Presente all'incontro anche il direttore di Anfia, Gianmarco Giorda: "Occorre sviluppare nuove tecnologie in vista del 2035 alternative all'elettrico, come i carburanti sintetici e biocarburanti. Sono quasi del tutto neutrali sulla Co2, ne emettono pochi grammi allo scarico" spiega il direttore. "In questo modo - aggiunge - si potranno continuare a produrre i componenti del motore termico".
In conclusione, si è affrontato il nodo di Mirafiori: "Stanno circolando voci di esuberi, serve produzione a Torino, non bastano certo gli hub per portare lavoro sul territorio" ha sottolineato Igor Albera, segretario Fim-Cisl Torino e Canavese, che ha lanciato l'allarme anche sull'età degli operai: "Hanno mediamente 56 anni, se non arrivano nuovi modelli e nuove assunzioni, tra qualche anno Mirafiori chiuderà. Si parla del nuovo modello nel 2027 - ha aggiunto - ma non è sicuro".
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