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Automotive & Politica
21 Marzo 2024 - 07:00
Nel cuore dell'Europa è in atto uno scontro che potrebbe cambiare il volto dell'industria automobilistica: il futuro sarà elettrico o ci sarà spazio anche per i carburanti sintetici? Le decisioni prese nei prossimi mesi potrebbero avere un impatto significativo non solo sulle strade europee, ma anche sul nostro clima. Ma dopo aver lanciato la crociata contro le auto a motore termico, mettendo al bando il motore termico entro il 2035, l'Europa potrebbe fare una clamorosa retromarcia. In parte l'ha già iniziata, ma per non rimetterci la faccia - e il peso politico - hanno una clausola cui aggrapparsi, una clamorosa via d'uscita già nel 2026. Vediamo di cosa si tratta.
Inoltre, proprio in questi giorni, Carlos Tavares ha fatto notare come i costruttori di auto stiano vivendo "una situazione non decisa da noi", con riferimento alla direttiva europea, che a suo dire spalanca le porte alla concorrenza cinese. Dando vita a un mercato "più frammentato", dove i costruttori tradizionali potrebbero essere indeboliti e "non conviene indebolire Stellantis in Italia" ha detto, riferendosi al governo.
Un Gruppo come Stellantis - solo gli ingenui potrebbero non pensarlo - ha di certo la forza per una attività di lobbing che potrebbe influenzare il risultato delle elezioni. Soprattutto nel momento in cui si affiancando alleati di gran peso. Il parere di Toyota, leader mondiale, che sostiene che l'elettrico puro non ha futuro, per esempio. Poi c'è Volkswagen che ha annunciato un piano di tagli per 10 miliardi, a cominciare dallo stabilimento delle elettriche a Zwickau. Mercedes aveva detto che entro il 2030 avrebbe prodotto solo veicoli elettrici, mentre ora ha rivisto questa previsione. Il CEO di Renault, Luca De Meo, che è anche presidente di Acea (Associazione costruttori europei auto), ha inviato una lettera al governo dell'Europa ricordando che il problema dell'elettrico sta nei costi di produzione "più alti in Europa che in Cina", dove peraltro il governo ha concesso finanziamenti alle imprese per 40 miliardi. Dunque, o l'Europa fa lo stesso, e consegna denaro ai costruttori, oppure sostiene dei progetti di sinergie e persino fusioni, creando nuovi modelli di produzione.
Oppure, appellandosi a quella clausola già introdotta, fa un onorevole dietrofront, mitigando la transizione energetica attraverso altri strumenti, che consentiranno comunque di raggiungere quell'abbattimento di emissioni necessario per i nostri veicoli.
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