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Il retroscena

Sesso a pagamento nei night club, i giudici: «I titolari battevano il tempo ai clienti»

Miami e Samara hanno fatto ricorso contro la chiusura: ecco perché è stato respinto

Sesso a pagamento nei night club, i giudici: «I titolari battevano il tempo ai clienti»

Foto di repertorio

Al Miami Lap Dance di via Burzio, uno dei gestori entrava nei privé e avvisava il cliente che il suo tempo stava per scadere. Quindi doveva pagare un sovrapprezzo per rimanere ancora con la spogliarellista. Che, in quel luogo riservato, andava ben oltre i balletti: si prostituiva, offrendo prestazioni sessuali retribuite. E succedeva lo stesso al Samara di via Camerana, l’altro locale chiuso tre settimane fa dalla polizia municipale: anche lì i titolari «sapevano e tolleravano».


A metterlo nero su bianco sono i giudici del Tribunale del riesame che hanno respinto il ricorso presentato dai locali, due dei night club più famosi di Torino: «Anzi, le ragazze erano incentivate a compiere tali atti sessuali perché prendevano il 50% di quanto pagato dal cliente: più ne soddisfacevano, più guadagnavano e più facevano guadagnare al Samara» scrivono ancora i magistrati, che hanno confermato la chiusura chiesta dal sostituto procuratore Paolo Scafi e accolta dal giudice per le indagini preliminari.

I night club erano stati chiusi in seguito a una serie di controlli degli agenti, con l’ultimo blitz scattato appena prima di Natale (il 21 dicembre). Nessun provvedimento ma indagini e interrogatori delle spogliarelliste, che avevano confermato di andare oltre i balletti nei privé: in cambio di 100 euro, accettavano di toccare e farsi toccare. In altre parole, era sfruttamento della prostituzione. E’ questa l’accusa in un’inchiesta che, al momento, conta nove indagati tra titolari e dipendenti dei due locali: cinque al Samara, tra titolari e dipendenti, e quattro al Miami, cioè il gestore e tre collaboratori, tra cui una cameriera.


«Ma loro non sapevano cosa succedeva lì dentro» hanno replicato nel loro ricorso i legali del night di via Burzio. «Noi abbiamo sempre vietato che le ragazze facessero sesso nei privé, dove il cliente non pagava per la prestazione ma in base al tempo» è la difesa dei gestori del Samara. Che, per avere il via libera a riaprire, hanno dato una lunga serie di garanzie: «Sono state le dipendenti a violare le regole ma non c’è più pericolo che lo rifacciano: le abbiamo già allontanate e le licenzieremo. Poi toglieremo le tende dai privé e incaricheremo un dipendente di controllare». Impegni che non hanno convinto i giudici. Anzi: «I sopralluoghi e le intercettazioni confermano che gli atti sessuali avvenivano e gli indagati lo sapevano». Lì, come al Miami: «I clienti pagavano 100 euro ogni venti minuti, un corrispettivo direttamente collegato all’attività della ragazza. Palpeggiamenti, per lo più. Poi uno dei gestori entrava a controllare». E a segnalare che era ora di pagare di nuovo per continuare a usufruire della prestazione.

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