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Il caso

«Hanno scaricato un bracciante ferito davanti alla Caritas»: la denuncia del vescovo di Alba

L'appello di Marco Brunetti contro la vergogna del caporalato: «E' un reato ma anche un peccato grave»

«Hanno scaricato un bracciante ferito davanti alla Caritas»: la denuncia del vescovo di Alba

«Venti giorni fa ero al centro di prima accoglienza della Caritas di via Pola. È arrivata un'auto e ha scaricato lì un ragazzo africano. Si era ferito lavorando. Il datore di lavoro lo aveva portato al pronto soccorso ma, dopo le dimissioni, lo ha lasciato davanti al centro e se n'è andato».

Il vescovo di Alba (Cuneo), Marco Brunetti, racconta questo episodio per spiegare la gravità del fenomeno del caporalato nelle vigne delle Langhe, riemerso prepotentemente con le inchieste di questi giorni. Tanto che lo stesso vescovo ha sentito il bisogno di inviare una lettera aperta per denunciare «un reato che è anche un peccato grave, che va denunciato e di cui i responsabili dovranno rispondere davanti alla giustizia e davanti a Dio». Non solo, chi lo commette «è escluso dalla comunione eucaristica in attesa di una conversione capace di ottenere il perdono di Dio». Perché, secondo Brunetti, si tratta di «sfruttamento di persone deboli e fragili, manodopera a poco prezzo e senza diritti. Oltretutto si infanga l’immagine di quanti, in territori blasonati che producono vini di alta qualità, agiscono nel rispetto delle leggi e all’insegna della solidarietà».

Il ragazzo citato dal vescovo è uno dei tanti esempi di questi braccianti fragili, che lavorano in nero: «Ma non se la sentiva di dirci molto di più, perché temeva che non avrebbe trovato più lavoro. Si era fatto male nelle vigne. Lo abbiamo aiutato dandogli dei soldi per le medicine» e aggiunge che sono «molti gli stagionali stranieri che si rivolgono al centro per avere pasti, docce, alloggi e aiuti economici: ogni sera sono 50-60». Di questi, tanti sono costretti a spendere parte dei pochi soldi che guadagnano in affitti esosi e versati in nero: come succedeva nel residence accanto alla stazione, di proprietà di Rfi ma gestito da un dentista albese. 

«Una vergogna», secondo il vescovo. Che invita a non sottovalutare la situazione e a «non nasconderci dietro il dito, dicendo che si tratta di pochi casi». Perché «anche una sola persona sfruttata, picchiata ed emarginata rappresenta un fatto grave e inaccettabile per una società civile e democratica che fa dell’accoglienza e dell’inclusione un principio cardine della propria convivenza».

Per questo Brunetti ha chiesto ai sacerdoti albesi di leggere la sua lettera alle loro comunità durante la Messa di domenica 21 luglio.

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