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LA RIVELAZIONE

La strage di Brandizzo poteva ripetersi altre quattro volte

In attesa della chiusura dell’inchiesta, famiglie e sindacati puntano il dito: «Sulla sicurezza si è fatto troppo poco»

La strage di Brandizzo poteva ripetersi altre quattro volte

Un treno che passa quando la circolazione dovrebbe essere interrotta. E colpisce quello che trova sui binari: è successo la notte fra il 30 e il 31 agosto 2023 a Brandizzo, quando sono stati travolti e uccisi cinque operai. Ma è capitato altre volte nell’anno successivo: almeno quattro, solo in Piemonte, secondo quanto ricostruito e confermato dai sindacati. In un caso, a Cavallermaggiore, il convoglio ha colpito la “piattina”, carrello che trasportava gli attrezzi e le bombole del gas che servivano per saldare: si poteva scatenare un’esplosione, che avrebbe colpito i lavoratori che si trovavano a pochi passi di distanza e si erano allontanati appena in tempo dal binario.

«Significa che, dopo Brandizzo, non ci sono stati i cambiamenti che avrebbero dovuto esserci» denunciano in coro i sindacalisti che da quasi un anno lavorano affinché quella strage non si ripeta mai più.


Quasi mezzanotte

La tragedia risale esattamente alle 23.49 del 30 agosto, quando un treno in corsa a 160 chilometri orari ha investito cinque operai al lavoro sulla linea, poco distante dalla stazione ferroviaria di Brandizzo. Tutti sono stati uccisi e sbalzati a 300 metri di distanza: Michael Zanera, 34enne di Vercelli; Saverio Giuseppe Lombardo, 52 anni, anche lui vercellese; come il più giovane del gruppo, il 22enne Kevin Laganà; Giuseppe Sorvillo, 43 anni, di Brandizzo; Giuseppe Aversa, 49 anni, di casa a Chivasso. Facevano parte della squadra allestita dalla SiGiFer, azienda di Borgo Vercelli che lavorava in subappalto per Clf (Costruzioni linee ferroviarie), a sua volta appaltatrice per Rfi, l’azienda pubblica che gestisce il trasporto ferroviario.
Con le cinque vittime erano al lavoro il caposquadra di SiGiFer, Andrea Gibin, e Antonio Massa, caposcorta di Rfi: salvi per miracolo, sono stati i primi iscritti nel registro degli indagati dalla procura di Ivrea. L’accusa è omicidio colposo e disastro ferroviario con dolo eventuale. Poi, nei mesi successivi, i pubblici ministeri Valentina Bossi e Giulia Nicodemi hanno allargato il faro su SiGifer, Clf e Rfi, iscrivendo altre persone nel registro degli indagati: per SiGiFer, oltre alla stessa società, ci sono il direttore generale Franco Sirianni, il direttore tecnico Cristian Geraci, la legale rappresentante Simona Sirianni e il socio Daniele Sirianni; per Rfi, l’azienda e i dirigenti Andrea Bregolato e Gaetano Pitisci.


Un anno dopo

A quasi un anno di distanza dalla tragedia, le indagini sono ancora aperte. E l’attesa di un processo sta snervando le famiglie, anche alla luce di quello che è successo nel frattempo. Ce l’hanno con Massa, che ha cambiato lavoro dopo essere stato licenziato in tronco da Rfi: «Ha scelto di non impugnare il licenziamento e si è rifatto una vita» riporta l’avvocato Antonio Borello, che assiste l’ex caposcorta insieme alla collega Maria Grazia Cavallo. «Ma non sta bene - sottolinea il legale - Quando è andato a farsi interrogare dai pm, è riuscito solo a dire il suo nome. Poi è scoppiato a piangere. Non è lucido, è in cura per un disturbo post traumatico da stress».

Alle famiglie non va giù neanche che alcuni degli indagati della SiGiFer siano tornati a lavorare in subappalto per le Ferrovie dello Stato: mentre i 79 dipendenti della SiGiFer venivano “salvati” e assunti direttamente in Clf, 25 di loro si sono tirati indietro. Poco dopo si è scoperto che erano stati assunti dalla StarFer, azienda guidata da due degli indagati per la strage di Brandizzo, Franco Sirianni e Cristian Geraci. E che erano tornati a lavorare sui binari: «Non è irregolare ma quanto meno inopportuno - riflette Massimo Cogliandro, segretario regionale della Fillea Cgil - Ed è la conferma che siamo alle solite: finché ci sono i riflettori accesi, scattano indignazione e impegni. Poi scende di nuovo il buio e si torna alle vecchie abitudini».

Poteva ricapitare

Il sindacato è pronto a costituirsi parte civile nel processo, così come le famiglie. Le quali puntano anche il dito contro altri episodi simili a quello di Brandizzo, almeno quattro quest’anno in Piemonte. A Cavallermaggiore e in altri tre casi i treni sono passati nonostante la circolazione fosse stata interrotta con regolari nullaosta e ci fossero gli operai al lavoro sui binari. A quanto risulta, Rfi ha preso provvedimenti nei confronti dei responsabili. Anche perché si è trattato di altre quattro stragi mancate per un soffio: «Siamo al 10% di quello che si dovrebbe fare per risolvere i problemi di sicurezza - conferma Giuseppe Santomauro, segretario generale della Filt Cgil Piemonte - Purtroppo quegli incidenti ci sono stati e dimostrano che Brandizzo non ha insegnato abbastanza, il che è inaccettabile. La dirigenza piemontese, anche dietro le nostre denunce, è stata completamente sostituita e stiamo lavorando con i nuovi direttori di Rfi, Davide Cavone e Antonella Parodi, per provare a invertire la rotta».

Il dono di 100mila euro

Nell'attesa di novità dall'inchiesta, le famiglie delle vittime che organizzano eventi e manifestazioni per «chiedere giustizia» per i cinque morti della strage di Brandizzo. Nel frattempo arriva la solidarietà dei ferrovieri e il proposito di Rfi di offrire un risarcimento ai parenti di Giuseppe Aversa, Kevin Laganà, Saverio Giuseppe Lombardo, Giuseppe Sorvillo e Michael Zanera. A un anno di distanza dalla loro morte sui binari, alle 20 del 30 agosto, si terrà una messa a Brandizzo, seguita da una fiaccolata fino alla stazione: «Non sappiamo che cosa stiano facendo i magistrati - si sfoga Massimo Laganà, papà di Kevin - Saremo in strada per chiedere giustizia e far sentire la nostra rabbia».

Poi, l’8 settembre a Vercelli, si terrà un torneo di calcio giovanile dedicato proprio al 22enne scomparso a Brandizzo e i colleghi. E il 26 dello stesso mese, al teatro Juvarra di Torino, sono previsti un dibattito e una rappresentazione teatrale organizzati dalla Filt Cgil nazionale. Nel frattempo, sempre con la “regia” dei sindacati, i dipendenti di Rfi e Ferrovie dello Stato hanno scelto di detrarre una piccola percentuale del loro stipendio e donarla alle famiglie delle vittime. In tutto sono stati raccolti oltre 100mila euro, che proprio in questi giorni dovrebbero essere accreditati nei conti correnti.

Ma non è escluso che presto possano arrivare anche dei risarcimenti direttamente da Rfi, un’intenzione che era nell’aria da tempo e che adesso viene confermata dall’avvocato Luigi Chiappero, uno dei legali che assiste la società pubblica (iscritta nel registro degli indagati come soggetto giuridico): «Ci sono delle difficoltà legate alle assicurazioni ma Rfi ha intenzione di fare tutto quello che si deve per il risarcimento. L’idea è di discuterne il prima possibile: stiamo preparando un tavolo cui ci si possa sedere dopo le vacanze. Non c’è bisogno di aspettare una sentenza per discutere con le famiglie che vorranno».

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