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CARCERI

Hanno i domiciliari ma restano in cella: «Tribunale chiuso»

Il Tribunale di Sorveglianza è sotto organico e le pratiche per le misure alternative restano "appese". Come quella di Luca, difeso dall'avvocato Basile, oggi in carcere nonostante sia idoneo per finire la sua pena a casa.

Hanno i domiciliari ma restano in cella: «Tribunale chiuso»

Foto di repertorio

Luca è in carcere mentre potrebbe essere agli arresti domiciliari. «Il 12 luglio ho presentato l’istanza. Il mio assistito è idoneo alla detenzione domiciliare. Il carcere ha inviato la relazione e il luogo dove andrebbe a stare è già stato esaminato da chi di dovere» spiega Maurizio Basile, avvocato penalista e vicepresidente della Camera Penale del Piemonte occidentale e della Valle d’Aosta. Secondo le leggi italiane, i magistrati hanno 30 giorni per trasferire, dalla data di istanza, un detenuto idoneo per i domiciliari. «Mai il tutto avviene nei termini. Ma ad agosto è anche peggio: venerdì 16 io mi sono presentato al Tribunale di Sorveglianza proprio per chiedere lumi sulla situazione di Luca. Non c’erano magistrati, nè cancellieri. Alcune strutture non possono chiudere, come le caserme e i commissariati non si fermano ad agosto».

Maurizio Basile


L’avvocato è in contatto con il suo assistito e lo sente tutti i giorni: Luca è rassegnato. Ha scontato due anni ai domiciliari e poi a processo concluso è stato portato alle Vallette. Adesso rientra tra coloro che, con il decreto Alfano, possono usufruire delle misure alternative in quanto la pena che resta è inferiore ai 18 mesi. «Luca è uno dei tanti, ovviamente. Non ho un numero esatto di quanti detenuti siano nella sua condizione, sicuramente ce ne sono diversi. C’è una situazione problematica per quanto riguarda il Tribunale di Sorveglianza a Torino. Lentezza nelle risposte e un organico carente. E siamo in un momento dove l’emergenza carceraria è sotto gli occhi di tutti. I magistrati di sorveglianza sono essenziali: a loro ci si rivolge per chiedere permessi premi e pene alternative».

Basile alle Vallette c’è stato pochi giorni fa: «Detenuti entrano ma non escono. C’è da considerare che tra i reati di natura ostativa troviamo la rapina: uno dei più diffusi al momento». Un reato ostativo è quello che prevede lo sconto della pena in carcere senza la possibilità di misure alternative. Come l’assassinio, il sequestro di persona, la violenza sessuale e i reati di mafia. «Inutile negare che il sovraffollamento delle carceri sia un fenomeno legato a quello della migrazione. Negli anni 90 i penitenziari torinesi erano colmi di uomini del sud, ora lo sono di marocchini. Gli stranieri dovrebbero potere scontare la pena nel loro paese: gioverebbe a tutti, dalle strutture penitenziarie al condannato stesso che tornando nel luogo di origine gode di una rete sociale di cui qui è sprovvisto. E se fuori non hai nessuno, niente domiciliari e nessuna messa alla prova.»


I detenuti della Vallette sono aumentati, i magistrati di sorveglianza no e nemmeno gli agenti di polizia penitenziaria al lavoro - che anzi, secondo Osapp, sono diminuiti.
Raggiunto al telefono, Marco Viglino, magistrato e presidente del Tribunale di Sorveglianza, è ancora fuori città per le legittime ferie: «Abbiamo dei turni, qualcuno c’è sempre. E’ strano il legale abbia trovato il Tribunale di Sorveglianza vuoto: ma io non ero lì, non ero proprio in Italia e al mio rientro verificherò. Quello che è sicuro è che siamo sotto organico rispetto alla mole di lavoro e che i ritardi nei procedimenti sono all’ordine del giorno, sempre. Figuriamoci in agosto».

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