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Il processo

«Non poteva non sapere dei debiti»: ora il finanziere della Torino Bene rischia la condanna

Guai giudiziari per Massimo Segre, noto per il gossip estivo con la fidanzata Cristina Seymandi

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Secondo il consulente della difesa, Massimo Segre meriterebbe «un monumento come quello di Garibaldi a Caprera per come si è impegnato per salvare quell’azienda». Ma la Procura la pensa in modo decisamente diverso: per i magistrati Segre, noto a Torino per la rottura in “diretta social” con la fidanzata, la manager Cristina Seymandi, «va condannato a dieci mesi di carcere per il mancato versamento di circa 1 milione di euro fra Iva e ritenute della Thesan Savio spa».

La richiesta di condanna è stata presentata ieri nel processo in cui Segre era imputato insieme ad Aimone Balbo di Vinadio, ex amministratore delegato dell’azienda di Chiusa San Michele (già uscito dal processo concordando 10 mesi di lavori di pubblica utilità). Segre è nel mirino degli inquirenti perché è stato presidente del consiglio d’amministrazione della Thesan da luglio 2018 a maggio 2020. Proprio nel periodo in cui mancherebbero all’appello quei soldi. Il pubblico ministero Vito Destito ha scavato e ricostruito la storia della società, che produce sistemi di ventilazione ed è arrivata a dare lavoro a 190 persone. Ma, nel 2017, viene colpita da una crisi profonda di liquidità. «Tanto che Balbo smette di pagare Iva e contributi» è la tesi della Procura. Segre, nel suo interrogatorio, assicura che non ne sapeva nulla: “Non mi sono preoccupato di controllare i debiti perché mi sono fidato di Balbo, che non me ne ha parlato e io non ho chiesto” si è difeso l’imputato all’inizio dell’indagine. Una giustificazione cui gli inquirenti non credono: «Già nell’autunno 2017 l’allora a.d. ne era andato a parlare con il Segre, che da anni seguiva la Thesan Savio come commercialista - fa notare ancora l’accusa - È inverosimile che non sapesse della situazione dell’azienda, anche per la sua esperienza. Ed è poi diventato presidente della società, “in accordo con i soci” come ha spiegato lui stesso negli interrogatori. In pratica è diventato l’uomo forte per la ristrutturazione finanziaria dell’azienda, “come garanzia anche per le banche”. Il suo era un ruolo rilevantissimo, fondamentale».

Replica l’avvocato Teodoro Marrazza, difensore di Segre: «C’è una carenza probatoria dell’accusa, d’altronde l’Agenzia delle Entrate ha verificato solo le dichiarazioni e non le singole certificazioni che vengono rilasciate dai sostituti d’imposta. Ma questo cambia tutto: la Corte costituzionale ha stabilito che, in questi casi, è un mero illecito amministrativo».

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