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Il processo

«Ti cavo gli occhi e ti s...o la moglie»: così l'acquisto di una casa è diventato un'estorsione

Un 44enne calabrese rischia la condanna. Il legale: «Ha detto quelle frasi perché si è sentito preso in giro»

«Ti cavo gli occhi e ti s...o la moglie»: così l'acquisto di una casa è diventato un'estorsione

Foto di repertorio

«Hai avuto l’onore di pranzare con la storia della 'ndrangheta» avrebbe detto Daniele Oliva al suo interlocutore. Che, stando a quello che lui stesso ha riferito, si è sentito dire minacce di ogni tipo, tra cui «ti cavo gli occhi» e «vengo a Torino e ti s...o la moglie». Tutto perché quel venditore aveva promesso a Oliva dei guadagni per una serie di operazioni immobiliari, che poi non si sono concretizzati. Così sarebbero iniziate le minacce e le estorsioni, poi denunciate dalla presunta vittima (assistita dall’avvocato Alessandro Pantosti Bruni). E Oliva, calabrese classe 1980, è finito a processo, difeso dagli avvocati Matteo Bodo ed Enrico Buratti: ora rischia una pesante condanna per quelle frasi e soprattutto perché avrebbe costretto la sua vittima a dargli 44mila euro e a “lasciargliene” altri 40mila.

I fatti, arrivati a palazzo di giustizia solo in questi giorni, risalgono al 2019. Quando c’è stata la resa dei conti tra Oliva e la presunta vittima dell’estorsione, un 48enne torinese: il 44enne di origine calabrese lamentava di non aver guadagnato i 60mila euro che il torinese gli aveva promesso per una serie di compravendite immobiliari. E per questo avrebbe minacciato l’altro uomo, dicendogli di tutto, e lo avrebbe costretto a versargli 30mila euro in bonifici e 4mila in contanti. In più lo avrebbe costretto a versare 10mila euro come acconto per l’acquisto di un immobile a Milano. Mesi dopo Oliva sarebbe tornato a chiedere altri soldi, sostenendo che i guadagni mancati siano “lievitati” da 60mila a 300mila euro. Così avrebbe costretto l’amico a firmare una scrittura privata per cedergli i 40mila della sua provvigione per la vendita di un appartamento in corso Montegrappa a Torino, aggiungendo altre minacce come «Ti metto nel cofano e ti porto a Milano» e «ringrazia i tuoi figli, se no ti staccavo la testa dal collo adesso».

Dopo aver ceduto a Oliva, la presunta vittima ha poi vinto la paura e ha sporto denuncia nel commissariato San Paolo. La polizia ha iniziato a indagare e a ricostruire quello che era successo tra i due protagonisti di questa storia dai contorni agghiaccianti. Alla fine il pubblico ministero Ruggero Mauro Crupi ha chiuso le indagini e chiesto il rinvio a giudizio. E nei giorni scorsi ha chiesto una condanna a 5 anni e 4 mesi dell’imputato, con la parte civile ad aggiungere la richiesta di un risarcimento di 154mila euro (solo di provvisionale). I difensori, invece, propongono l’assoluzione dall’estorsione o al massimo la condanna per il reato più lieve di esercizio arbitrario delle proprie ragioni: «Crediamo di aver dimostrato la non colpevolezza del nostro assistito sulla base di documenti che sono agli atti e che dimostrano la non attendibilità della parte offesa» spiega l’avvocato Buratti. Però Oliva ha fatto minacce pesanti: «Sì, ma vanno contestualizzate e va considerato l’antefatto: il nostro assistito le ha dette in un momento di massima rabbia dopo essersi sentito preso in giro e derubato da una persona che lui considerava un amico e in cui aveva riposto fiducia. Poi non ha fatto nulla».

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