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L'inchiesta
27 Ottobre 2024 - 07:00
Svizzera o Torino? No, Marocco. Si arricchisce di un nuovo capitolo la saga dell’eredità dell’Avvocato Gianni Agnelli, su cui litigano la figlia Margherita e i nipoti John, Lapo e Ginevra Elkann. Perché nell’inchiesta per frode fiscale e truffa ai danni dello Stato è rientrata anche la villa di Marrakech, dove la moglie Marella Caracciolo amava trascorrere parte del suo tempo. Sempre troppo poco rispetto a Torino, almeno secondo la Procura.
Ma non ci sarebbe solo la “esterovestizione” della residenza svizzera della vedova dell’Avvocato. Ci sarebbero almeno 170 milioni di euro, fra quadri e gioielli, nascosti al fisco. E molti altri altri soldi, in parte recuperati dallo Stato con il sequestro preventivo da 74 milioni ai fratelli Elkann (indagati insieme a Gianluca Ferrero e al notaio Robert von Gruningen). In ballo ci sarebbero anche 15 milioni legati alla residenza marocchina e non dichiarati al fisco: i nipoti di Agnelli assicurano che fosse tutto in regola, eppure gli inquirenti la pensano diversamente.
Negli atti dell’inchiesta emerge che la villa di Ain Kassimou, vicino Marrakech, non era di proprietà di Donna Marella ma della Juky Sa, con sede al civico 1 di rue Jean Piret, Lussemburgo.
La società, nata nel 2003, aveva come oggetto sociale proprio l’acquisizione, la gestione e la valorizzazione di proprietà immobiliari nel Granducato e all’estero, tra cui la villa marocchina. E nel suo cda spicca il nome di Sigfried Maron, consulente finanziario prima di Gianni Agnelli e poi di John Elkann. Ma chi faceva parte della società? Altre due persone, Mark Loesch e Patrick Geortay. Che non risulta abbiano mai ceduto le loro quote. Eppure, secondo le indagini della guardia di finanza, sono spuntati crediti per 5 milioni nelle dichiarazioni dei redditi 2020 dei fratelli Elkann. Si tratterebbe di crediti nei confronti della società lussemburghese Juky, che porta il nome dell’Akita preferito di Marella Caracciolo: l’ipotesi degli inquirenti è che la nonna avesse acquisito le quote del capitale sociale e che siano state ereditate dai nipoti alla sua morte. E con loro pure il credito da 15 milioni con la società proprietaria di Ain Kassimou, un riad con oasi e giardini cui la Famiglia continua a essere legata tramite il re del Marocco.
Qual è il problema? Lo spiega il giudice Antonio Borretta negli atti con cui motiva e autorizza il sequestro preventivo richiesto dai procuratori Marco Gianoglio, Mario Bendoni e Giulia Marchetti: «Dall’analisi della documentazione sequestrata l’8 febbraio 2024 nello studio Ferrero, in particolare la stampa della dichiarazione dei redditi di John Elkann con indicazioni manoscritte a lato, è emersa l’esistenza di un credito di 15 milioni nei confronti di Juki. Credito precedentemente vantato dalla nonna Caracciolo, dalla quale i nipoti hanno eredito una quota del capitale sociale. La ricostruzione della Gdf, sul punto, è attendibile e senza spiegazioni alternative: si tratta di un credito sottratto ad imposizione (fiscale, ndr.) in conseguenza della mancata apertura della successione in Italia». Una condotta, come le altre contestate agli Elkann, da inquadrare fra «gli artifizi e raggiri che costituiscono il delitto di truffa» ai danni dello Stato, cui non è stata pagata l’imposta di successione su parte dell’eredità Agnelli.
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