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gli scontri in città
01 Dicembre 2024 - 08:15
Gli scontri tra manifestanti e polizia a Torino
Dopo gli scontri di venerdì, partiti dalla coda del corteo sindacale per lo sciopero generale, emerge ormai chiarissima un’emergenza che, se non ha ancora il sapore del terrorismo, mostra in azione i “professionisti” dei disordini di piazza. Ma non solo. Esiste ormai, ed è dimostrato, una reciproca “saldatura” tra i centri sociali di Torino con il corollario di antagonisti, Pro-Pal, mescolati agli eredi dei black-block, con i loro omologhi milanesi. E la dimostrazione plastica ci viene dalla guerriglia che ha infiammato Torino nella tarda mattinata di venerdì quando pattuglie organizzate hanno assaltato in contemporanea le stazioni di Porta Nuova e Porta Susa e prima ancora, davanti alla prefettura, hanno lanciato uova e fumogeni contro i carabinieri con l’evidente motivazione di vendicare la morte del 19enne Ramy Elgaml a Milano dopo le notti di guerriglia, che il sindaco Sala ha condannato con durezza e che dimostrano come il mondo dei centri sociali abbia creato un vero asse con gli immigrati delle periferie milanesi, in particolare del Corvetto.
Per capirci meglio, in un clima che in molti ormai considerano il prodromo di un vero e proprio laboratorio di guerriglia contro lo Stato, e quindi contro i rappresentanti delle forze dell’ordine, Torino gioca un ruolo di primaria importanza in cui spicca la regia del centro sociale Askatasuna di corso Regina Margherita 47. Un covo che, formalmente chiuso per motivi di ristrutturazione, resta non solo attivo ma addirittura gioca ruoli di comando con i nuovi alleati milanesi e in particolare con gli anarchici del circolo “Galipettes” e dello “Spazio comune cuore in gola” raccogliendo anche i reduci di un altro stabile sgombrato nel luglio scorso, ossia l’ex lavatoio di corso Benedetto Brin, considerato una base logistica dell’area anarchico-insurrezionalista.
Abbiamo dunque a che fare con gruppi ben organizzati che si scambiano informazioni e insieme costruiscono le basi per il contrasto alle forze dell’ordine. C’erano sempre loro, torinesi e milanesi, in prima linea quando si trattava di assaltare cordoni di sicurezza e mezzi blindati all’epoca dei cortei contro il 41-bis e a favore della libertà del bombarolo anarchico Alfredo Cospito, solo per citarne alcuni.
Questa è la punta dell’iceberg di un movimentismo che ha connotati quasi militari, sotto il quale si muovono molte altre sigle che da decenni spadroneggiano, a Torino come a Milano tra occupazioni (comprese le università) e scontri. L’obiettivo degli antagonisti quindi appare molto chiaro: allargare le fila del movimento, convogliare attorno a sé non soltanto studenti, ex studenti e simpatizzanti dei gruppi anarchico-insurrezionalisti, ma anche giovani nordafricani per avvelenare l’aria e mettere la loro rabbia al servizio della piazza. Come dimostrano i fatti del Corvetto dove le tensioni non sono solo di queste settimane ma durano da anni.
Potrebbe esistere dunque il rischio del contagio sulle periferie torinesi? Per ora l’allarme pare circoscritto ma lo scambio di “favori” tra i due gruppi torinesi e milanesi fa temere che il proliferare di manifestazioni, di scioperi e di tensioni nelle periferie dove, tra l’altro, spadroneggiano gli spacciatori di droga, possa creare le condizioni di violenze in qualche modo organizzate.
E’ innegabile che in questo clima occorrano prese di posizione tali da circoscrivere il pericolo, non soltanto individuando i responsabili degli attacchi a polizia e carabinieri, col lancio di bombe-carta com’è accaduto sempre a Torino una settimana fa, ma indagando su quelli che la letteratura del terrorismo ha bollato come i “cattivi maestri”.
Sarà sufficiente, come ha chiesto il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, rinforzare la sicurezza della città con 600 nuovi poliziotti, carabinieri e finanzieri, tra l’altro chiedendo aiuto alla vicina Torino, o meglio sottraendo forze indispensabili alla sicurezza della città? Oppure, come si potrebbe anche intuire dalle parole del ministro Piantedosi, aprire un fronte proprio dedicato a questa nebulosa anarchica-insurrezionalista mescolata a studenti, ex studenti e pro-Palestina, per cogliere quali sono le vere ragioni del disagio e trovare soluzioni non solo nell’ambito della repressione ma anche in un dialogo teso ad evitare un ulteriore salto di qualità, con gravi ripercussioni sul territorio? Resta il fatto che le manifestazioni di piazza dei poliziotti, carabinieri e finanzieri, fanno capire come la situazione stia degradandosi. E lo dimostrano i 50 esponenti delle forze dell’ordine che hanno subìto ferite e contusioni negli scontri e mettono in luce, soprattutto a Torino, una carenza mai sanata di nuove unità per rinforzare la sicurezza sul territorio. Così com’è chiaro che ormai in ogni manifestazione questi gruppi si infiltrano creando disordini e danni che investono anche la popolazione civile.
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