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il caso
21 Dicembre 2024 - 08:00
«Sì, l’ho ucciso ma solo per legittima difesa. È venuto da me con una pistola ma non sapevo che fosse un giocattolo». Si difende così Nino Capaldo, 58enne imputato per l’omicidio di Massimo Lodeserto, ritrovato senza vita poco più di un anno fa nelle cantine del palazzo Atc di via San Massimo 33: ieri mattina si è celebrato il processo con rito abbreviato e l’avvocato di Capaldo, Gianluca Orlando, ha chiesto l’assoluzione del suo assistito o al massimo la riformulazione del reato in eccesso colposo di legittima difesa. Per il pubblico ministero Marco Sanini, invece, l’imputato dev’essere condannato per omicidio volontario e occultamento di cadavere: il pm ha chiesto una pena a 20 anni di carcere, il massimo possibile in caso di rito abbreviato (che prevede la riduzione di un terzo della pena).
Il giudice per l’udienza preliminare prenderà una decisione il 14 gennaio, a poco più di 13 mesi dal ritrovamento del cadavere di Lodeserto. Anche se è probabile che l’omicidio sia avvenuto molto prima: i familiari della vittima, che si sono affidati all’avvocato Roberto Saraniti e si sono costituiti parte civile nel processo, avevano denunciato la scomparsa del 58enne torinese. Si erano rivolti al programma televisivo “Chi l’ha visto?” e all’associazione Penelope, che assiste i familiari delle persone scomparse (anche lei costituita parte civile, assistita dall’avvocato Benito Capellupo). Poi, il 4 dicembre, c’era stato il ritrovamento del suo corpo sotto masserizie di ogni genere, in una cantina di quel palazzo popolare in pieno centro.
Era stato subito fermato Capaldo, che si trovava ai domiciliari per scontare una pena per un omicidio commesso a Mondragone, in provincia di Caserta. Affiliato alla camorra, si era pentito e aveva iniziato a collaborare con la giustizia. Secondo quanto ricostruito dal pm Sanini, il delitto sarebbe maturato per questioni di soldi e di donne: l’ex di Lodeserto avrebbe iniziato a frequentare Capaldo e a parlargli di 100mila euro che Lodeserto avrebbe preso da un’attività che gestivano insieme. Capaldo avrebbe provato a recuperare i soldi fino al 30 agosto, quando c’è stato l’omicidio invece del chiarimento previsto.
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