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10 Gennaio 2025 - 09:15
Cecilia Sala e Giorgia Meloni dopo la liberazione della giornalista
«Un'emozione rara». Così Giorgia Meloni, alla conferenza stampa di inizio anno a Palazzo Chigi ha descritto il momento della liberazione di Cecilia Sala, la giornalista italiana rientrata in Italia dopo 21 giorni di prigionia in Iran. La premier, intervenendo durante l’incontro con i giornalisti, ha rivelato che il momento più emozionante della sua carriera politica è stato quando ha comunicato alla madre di Cecilia che sua figlia sarebbe tornata a casa. «Un'emozione che supera anche le difficoltà e le tensioni tipiche del mio incarico, dimostrando l'impatto umano di un evento che ha tenuto il Paese con il fiato sospeso per oltre tre settimane».
Il caso Sala, però, ha messo in luce non solo il lato positivo della diplomazia e dell'azione politica, ma anche delle "assenze ingiustificate" da parte di alcuni settori della società. È difficile non notare la mancanza di reazione di tanti movimenti che, in altre circostanze, avrebbero immediatamente alzato la voce in difesa dei diritti delle donne. Un esempio su tutti: le attiviste del movimento “Non una di meno”, che si sono completamente astenute da qualsiasi tipo di manifestazione di solidarietà per la giornalista, non solo evitando di scendere in piazza, ma anche rimanendo silenziose sui social. Loro, che sono solite partecipare a cortei settimanali, non hanno trovato la motivazione per farlo in questo caso. Eppure, Cecilia Sala si trovava in Iran, paese nel quale aveva già svolto precedenti reportage sulla condizione delle donne nei paesi islamici, cercando di documentare i cambiamenti culturali.
La sua detenzione, avvenuta durante il tentativo di rientrare in Italia, è stata seguita da una notizia altrettanto sconvolgente: in Afghanistan è stato annunciato un decreto che limitava ulteriormente le libertà delle donne, vietando loro di lavorare, studiare, uscire e persino di mostrare le finestre delle proprie case, considerate troppo “pericolose” per la morale pubblica. Nonostante la gravità di entrambe le situazioni, i movimenti femministi e i collettivi studenteschi non hanno dimostrato la stessa solerzia di fronte alla prigionia di Sala. A Torino, ad esempio, si è tenuta una sola manifestazione sotto la prefettura, con appena un centinaio di partecipanti. In un contesto di apparente mancanza di solidarietà, anche il mondo politico ha mostrato diverse sfumature di atteggiamento. Se da un lato molti esponenti si sono uniti nel celebrare il successo della liberazione, alcuni hanno avuto reazioni che hanno sollevato polemiche.
Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, ha pubblicato una foto con il messaggio "Cecilia Sala è libera", accompagnata dal logo del suo partito, come se l'operazione diplomatica fosse merito esclusivo del PD. Un gesto che non è passato inosservato, facendo sorgere dubbi sull'imparzialità e sulla correttezza politica in momenti delicati come questo. Ilaria Salis ha omesso di menzionare il governo, evitando qualsiasi riferimento all’azione diplomatica del governo Meloni. Forse convinta che il risultato fosse il frutto di una collaborazione con gli Stati Uniti, ma la sua dimenticanza non è passata inosservata. Il pensiero opposto, insomma, a quello di Romano Prodi che attribuisce l’ottimo risultato a Meloni e non a un’operazione di squadra. E poi c’è Matteo Renzi che voleva mandare il ministro degli esteri Antonio Tajani a raccogliere l’uva e che ora si è guadagnato l’appellativo di “volpe” da parte di tanti sui social network. «Adesso ci toccherà ricambiare, liberare l’iraniano?» Meloni non si sbilancia a proposito «Il governo è tenuto alla riservatezza» ha sottolineato la premier riguardo alla trattativa con l’Iran, ricordando che serve molta cautela.
Sull’ipotizzato “no all’estradizione” dell’iraniano Abedini la Meloni ha ricordato che i dettagli saranno forniti nelle sedi competenti. Il caso è ancora al vaglio tecnico e politico del ministero della Giustizia ed «è una vicenda che bisogna discutere con gli americani, il lavoro è ancora complesso». Uscendo dall’area politica e restando tra le vele del web, altre influencer che abitualmente postano contenuti a matrice filo-femminista non hanno “fatto rumore” per Cecilia. La regina di Instagram, Chiara Ferragni: nemmeno un’effimera storia sul suo account. Divertente anche il cambio di atteggiamento di Cathy La Torre che una settimana fa, nel momento di hype del caso, pubblica un reel accompagnato da un lungo testo. Il tempo di fare 10mila likes sotto al post: alla notizia del ritorno della Sala si è limitata a ripostare una foto della giornalista nelle sue stories e un tag: lo stretto necessario a un repost su quello che era il profilo più cercato del giorno. Per lei, e per altri, la Sala era una notizia da cavalcare solo fino al prossimo advertising.
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