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Giorgia Meloni è indagata per favoreggiamento e peculato insieme a due ministri

Lo ha annunciato la premier con un video sui social: al centro c'è il rimpatrio del generale libico Almasri, arrestato a Torino

Giorgia Meloni è indagata per favoreggiamento e peculato insieme a due ministri

Giorgia Meloni è indagata per il rimpatrio del generale libico Almasri insieme ai ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi (e al sottosegretario Alfredo Mantovano): è la stessa presidente del Consiglio ad annunciarlo con un video appena pubblicato sulle sue pagine social.

«Il procuratore generale Francesco Lo Voi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini, mi ha mandato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino libico Almasri» esordisce la premier.

Il procedimento della Procura di Roma nasce da un esposto presentato dall'avvocato Luigi Li Gotti, che nella denuncia chiede ai pm di svolgere "indagini sulle decisioni adottate e favoreggiatrici di Almasri, nonché sulla decisione di utilizzare un aereo di Stato per prelevare il catturato (e liberato) a Torino e condurlo in Libia". Attacca la premier: «Li Gotti è un ex politico di sinistra, molto vicino a Romano Prodi, conosciuto per aver difeso in passato pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi». 

Poi entra nel merito: «I fatti sono abbastanza noti: la Corte penale internazionale, dopo mesi di riflessione, emette un mandato d'arresto internazionale nei confronti del capo della polizia di Tripoli. Curiosamente, la Corte lo fa proprio quando questa persona stava per entrare nel territorio italiano dopo che aveva serenamente soggiornato per circa 12 giorni in altri tre Stati europei. La richiesta di arresto non è stata trasmessa al Ministero italiano della Giustizia, com'è invece previsto dalla legge, e per questo la Corte d'Appello di Roma decide di non procedere alla convalida. A questo punto, piuttosto che lasciare questo soggetto libero sul territorio italiano, noi decidiamo di espellerlo e rimpatriarlo immediatamente per ragioni di sicurezza con un volo apposito come accade in casi analoghi». Da qui sono partite denuncia e indagine: «Io penso che oggi valga quello che valeva ieri - sottolinea Meloni - Non sono ricattabile, non mi faccio intimidire ed è possibile che per questo sia invisa chi non vuole che l'Italia cambi e diventi migliore. Ma anche e soprattutto per questo intendo andare avanti per la mia strada, a difesa degli italiani, soprattutto quando è in gioco la sicurezza della Nazione. A testa alta e senza paura».

Dall’arresto a Torino al volo per la Libia: le tappe del caso Almasri

Dalla Libia a Torino e ritorno, con l’appendice di un’inchiesta contro la presidente del Consiglio, due ministri e un sottosegretario. Ma chi è Almasri e perché il suo caso ha scatenato tutto questo? Najeem Osama Elmasry Habish (questo il nome completo) è il comandante della polizia giudiziaria libica e direttore dell’Istituto di riforma e riabilitazione della polizia giudiziaria di Tripoli, incarico con cui sovrintende alle prigioni libiche. E per questo ruolo pende su di lui un mandato d’arresto della Corte penale internazionale per “crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nella prigione di Mitiga, puniti con la pena massima dell’ergastolo”. Il 18 gennaio scorso Almasri è stato arrestato dalla polizia mentre si trovava in territorio italiano, a Torino, per assistere alla partita di calcio Juventus-Milan insieme ad altre tre persone. Un fatto già di per sé singolare nonché preoccupante, tanto che viene da chiedersi a che titolo il generale si trovasse in Italia. E ancora: com’è stato possibile, per un ricercato internazionale, girare indisturbato nel nostro Paese e anche in altri tre Stati europei? Tre giorni dopo Almasri è uscito dal carcere delle Vallette “per un vizio di forma” e riportato in Libia con un volo di Stato. E nel suo Paese il comandante della polizia giudiziaria è stato accolto trionfalmente dai suoi connazionali. Mentre, in Italia, la vicenda ha sollevato aspre polemiche, con l’opposizione che ha chiesto le dimissioni del ministro Nordio «reo di aver “chiuso un occhio” rendendo possibile la scarcerazione». In Parlamento il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha risposto a un’interrogazione del Pd e ha spiegato che Almasri è stato espulso perché considerato pericoloso.

L'annuncio dell'indagine a carico della premier ha scatenato una valanga di reazioni politiche, a partire da quella dei due vice di Meloni: «Sono dalla parte di Giorgia Meloni, Piantedosi, Nordio e Mantovano. Difendo la separazione dei poteri e condanno scelte che suonano come una ripicca per la riforma della giustizia» scrive su X il vice premier e segretario di Forza Italia, Antonio Tajani. Che poi, arrivando a Villa Madama, ha aggiunto: «Non credo che sia giusto aprire uno scontro da parte di alcuni magistrati nei confronti del potere politico - ha detto Tajani, arrivando a a Villa Madama -, perché questo fa un danno alle istituzioni. Era secondo me un danno all'istituzione quello che hanno fatto alcuni magistrati mostrando la Costituzione. Quelli che lo hanno fatto forse dovrebbero studiarla un po' meglio e la dovrebbero conoscere un po' meglio visto che poi devono applicare le leggi». Si affida all'ex Twitter anche il leghista Matteo Salvini: «Vergogna, vergogna, vergogna. Lo stesso procuratore che mi accusò a Palermo ora ci riprova a Roma con il governo di centrodestra. Riforma della Giustizia, subito!».

 

Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, parla di «oltre due anni fa parlai di opposizione giudiziaria, come maggior avversario politico di questo governo. L'assurdo avviso di garanzia odierno, a due giorni dalla incomprensibile protesta dell'Anm nelle aule giudiziarie, costituisce un ulteriore atto per cercare di avvelenare il clima politico, istituzionale e sociale. La mia totale solidarietà agli amici e colleghi».

 

Carlo Calenda (Azione) sostiene che «su Almasri il governo italiano ha combinato un disastro, raccontando un mare di balle agli italiani. Dopodiché che un presidente del Consiglio venga indagato per un atto che risponde evidentemente ad una "ragione di Stato" (mai ammessa) è surreale e non accadrebbe in nessun altro Paese occidentale. Si saldano così due errori e si riacutizza lo scontro tra poteri dello Stato. Non un bello spettacolo».

Infine Matteo Renzi, ancora su X, accusa: «La scelta di rimpatriare il criminale libico è una scelta politicamente sbagliata, compiuta da Giorgia Meloni e da questo Governo. Sono stato tra i primi a definirla, in Aula, una follia. Penso che sia un errore clamoroso e marchiano sotto il profilo POLITICO. Sul punto di vista giudiziario, invece, non mi esprimo. Non tocca a me giudicare e sono sinceramente garantista. Quindi non faremo a Giorgia Meloni quello che lei ha fatto a noi e alle nostre famiglie. Per noi la Presidente del Consiglio è innocente come chiunque è innocente fino a sentenza passata in giudicato. Noi non attacchiamo sul piano giudiziario: noi facciamo politica. E ho l'impressione che Giorgia Meloni voglia cavalcare questo avviso di garanzia - che è un atto dovuto - per alimentare il suo naturale vittimismo. La gestione della vicenda Almasri per noi non è un crimine: è peggio, è un errore».

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