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L'inchiesta

«Zitto o chiamo la polizia»: così è stata uccisa dal marito col braccialetto spento

Chiuse le indagini sull’omicidio di Roua Nabi. L’uomo ha ammesso le sue colpe davanti al pm

«Zitto o chiamo la polizia»: così è stata uccisa dal marito col braccialetto spento

Roua Nabi lo aveva denunciato per maltrattamenti, tanto che suo marito portava il braccialetto elettronico. Ma spesso la 32enne tunisina spegneva il cellulare che avrebbe allertato il 112 se lui le si fosse avvicinato: era successo durante le vacanze estive in Liguria e anche il 23 settembre 2024, quando lui è entrato in casa e ha cenato con la famiglia. E poi l'ha uccisa con un coltello, penetrato dritto nel cuore della donna: «Ho sgridato mia figlia e lei mi ha detto "Zitto o chiamo la polizia". Poi se l'è presa con l'altro figlio e ha tirato un pugno anche a me. Io mi sono agitato e l'ho accoltellata».

E' proprio l'assassino, il 49enne tunisino Abdelkader Ben Alaya, a ricostruire cos'è successo nell'appartamento di via Cigna 66: ieri, assistito dai suoi avvocati Rocco Femia e Ruggero Marta, si è fatto interrogare dal procuratore aggiunto Cesare Parodi. Una richiesta fatta dai legali per chiarire alcuni dettagli del delitto, su cui il magistrato ha chiuso le indagini e presto chiederà il rinvio a giudizio per i reati di omicidio, maltrattamenti in famiglia e violazione del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

L'inchiesta ha ricostruito quattro anni di abusi da parte di Ben Alaya. Il quale, davanti ai figli di 13 e 12 anni, insultava la moglie, le lanciava sedie e piatti, la strattonava e le tirava i capelli, sprecava i soldi della famiglia in birra e droga. Il 29 giugno, durante una discussione sul rinnovo del permesso di soggiorno di lei, il 49enne è arrivato a torcerle il braccio e a dirle che suo fratello sarebbe arrivato in Italia per ucciderla. Tutti episodi già denunciati da Roua Nabi, che avevano portato all'arresto del marito e alla sua detenzione domiciliare. Poi sostituita dal braccialetto elettronico, che poi veniva spento in accordo tra i due. Fino al giorno dell'omicidio, su cui ora resta solo la verità dell'ennesimo marito assassino: «Non sono scappato dopo le coltellate: sono andato dai carabinieri ma in caserma non rispondeva nessuno, così sono corso dai vigili per avvisarli». Nell'interrogatorio di ieri Ben Alaya ha smentito quanto aveva detto subito dopo il delitto, cioè che era la moglie ad avere in mano il coltello e che lui l'aveva uccisa per difendersi. Una ricostruzione già difficile da credere, visto che lui non aveva ferite da difesa.

Il killer ha poi detto di «essere pentito e di avere paura della punizione divina». Poi si è preoccupato della condizione dei figli, che da quel 23 settembre sono finiti in comunità dopo quello che lui ha fatto alla loro mamma. A febbraio ci sarà un'udienza davanti al tribunale dei minori in cui i giudici dovrebbero revocargli la patria potestà e decidere a chi affidare i due ragazzi (assistiti dagli avvocati Valeria Lussiana, Vittorio Rossini e Marialuisa Rossetti).

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