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Il caso
30 Marzo 2025 - 06:20
«Papà era un autista esperto, non avrebbe mai fatto una manovra azzardata. E forse un “panettone” avrebbe fermato il bus».
A parlare, attraverso l’avvocato Giuseppe La Rana, è la famiglia di Nicola Di Carlo, il 64enne morto mercoledì dopo essere finito nel Po insieme al suo pullman turistico. Figli e vedova dell’autista ora vogliono vederci chiaro sull’incidente e per questo si sono affidati al legale milanese, che lunedì sarà presente all’affidamento dell’incarico per l’autopsia: se ne occuperà l’anatomopatologa Lucia Tattoli, cui il pubblico ministero Rossella Salvati chiederà di far luce sulle cause del decesso dell’autista.
Gli esiti dell’esame daranno le prime risposte “tecniche” dopo quelle ottenute dai filmati e dalle testimonianze. Come quella di Wilhelm Teli, l’istruttore di canoa che poco dopo le 17.30 di mercoledì si è calato nel pullman e ha estratto Di Carlo: lo avrebbe trovato al posto di guida, avvalorando l’ipotesi di un malore. Che è l’idea che si sono fatti anche i familiari, distrutti da questa tragedia: «Loro pensano che si sia sentito male, abbia accostato e poi non sia riuscito a fare più nulla» riflette il legale.
Di certo non esiste l’alternativa del “pilota automatico”, emersa in questi giorni e subito esclusa: il pullman non aveva strumentazione del genere, anche perché vecchio di 20 anni. «Nei video circolati in questi giorni si sentono le urla e i clacson ma non il suono dell’autobus in retromarcia, che in certi casi può essere assordante». Cioè il classico “bip bip” con cui i mezzi pesanti avvisano della manovra in corso: secondo i familiari più stretti di Di Carlo, autisti anche loro, il bus era in folle e senza freno a mano. E per questo, complici il malore del 64enne e il dislivello di 7 metri da una parte all’altra della piazza, si sia mosso all’indietro: «Siamo andati a vedere» puntualizza l’avvocato, che ha anche accompagnato Vincenzo e Carmine Di Carlo a vedere la salma del papà.
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Per i familiari, ieri, c’è stata la sorpresa di vedere fiori e messaggi di cordoglio firmati dai “colleghi di Gtt” e da altre società di trasporto, oltre che da semplici torinesi scossi dalla tragedia che ha fatto il giro d’Italia. Tutti appesi alla recinzione che sostituisce il muretto abbattuto dal pullman: «Si dovrà riflettere sulla sua capacità di contenimento - conclude l’avvocato La Rana - Abbiamo capito che non era ancorato in alcun modo al suolo. Forse un panettone, piazzato lì davanti, avrebbe bloccato un bus che si spostava a bassa velocità».
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