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DAZI USA
08 Aprile 2025 - 08:00
Mentre Jakarta e Singapore crollano, gli altri colossi asiatici oggi possono tirare un piccolo respiro di sollievo. Le Borse di Tokyo e Hong Kong hanno chiuso in netto rialzo, ma dietro questi rimbalzi non c’è solo l’ottimismo: pesano ancora, e non poco, le incognite legate allo scontro commerciale tra Stati Uniti e Cina.
Il Giappone ha vissuto una giornata di forti acquisti. L’indice Nikkei 225 ha guadagnato un solido +6%, dopo aver toccato il giorno prima i minimi degli ultimi 18 mesi. A guidare il rimbalzo sono stati soprattutto i titoli del settore tecnologico e finanziario: Tokyo Electron ha registrato un balzo dell’8,6%, Advantest dell’11,6% e Mitsubishi UFJ Financial Group ha sfiorato un impressionante +12,3%.
Dietro questa ripresa c’è l’eco di Wall Street, che nella notte aveva dato segnali di rianimazione, e la percezione che i titoli giapponesi fossero stati eccessivamente penalizzati dalle vendite dei giorni scorsi. Una correzione tecnica, certo, ma che si inserisce in un quadro ancora instabile.
Anche la Borsa di Hong Kong si è lasciata alle spalle un lunedì da dimenticare, quando l’indice Hang Seng aveva perso oltre il 13%, il peggior calo dal 1997. Oggi è arrivata una timida risposta: +1,6% per l’indice principale e un più deciso +3,6% per l’Hang Seng Tech, a conferma del fatto che gli investitori tornano a puntare, almeno per ora, sui titoli digitali e innovativi.
Determinante è stato l’intervento del governo cinese, che ha attivato la sua rete di salvataggio finanziario. Il fondo sovrano Central Huijin Investment ha annunciato l’acquisto di ETF e azioni per sostenere il mercato, seguito da iniziative simili da parte di altre aziende statali. Un messaggio chiaro: Pechino non ha intenzione di assistere passivamente a un collasso della fiducia.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato tariffe del 34% sui prodotti cinesi, a cui Pechino ha risposto con misure equivalenti. Non solo, Trump ha già minacciato un secondo giro di dazi al 50% se la Cina non dovesse fare marcia indietro.
Da Pechino, la replica è stata netta: “ricatti”, li ha definiti il governo cinese, promettendo di resistere fino alla fine. È una partita a scacchi ad alta tensione, in cui nessuno vuole cedere il primo pedone, ma il rischio è quello di far saltare l’intero tavolo.
Non tutti però stanno a guardare. L’ASEAN, con in testa il premier malese Anwar Ibrahim, ha annunciato l’intenzione di inviare una delegazione diplomatica a Washington per cercare di raffreddare il clima. Anche il Giappone ha espresso la sua delusione per la piega presa dagli eventi: il primo ministro Shigeru Ishiba ha auspicato una soluzione negoziata, che metta al riparo l’economia globale da una guerra commerciale prolungata.
Gli analisti, pur riconoscendo il segnale positivo dei rimbalzi odierni, invitano alla prudenza. Le borse asiatiche restano vulnerabili a ogni nuova dichiarazione, tweet o provocazione. Gli interventi dei governi sono un tentativo – forse efficace nel breve periodo – di sostenere i mercati, ma la vera stabilità potrà arrivare solo da un cambio di rotta politico.
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