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Diritti Umani
11 Aprile 2025 - 15:00
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia per aver mantenuto Giuseppe Morabito, noto boss della ‘ndrangheta, sotto regime di 41-bis, il cosiddetto “carcere duro”, nonostante le gravi condizioni di salute e una diagnosi di Alzheimer. I giudici hanno stabilito che lo Stato italiano ha violato l’articolo 3 della Convenzione europea, che vieta i trattamenti inumani o degradanti.
Morabito, 90 anni, è stato arrestato nel 2004 dopo una lunga latitanza e si trova attualmente detenuto nel carcere di Opera, a Milano. Dal 2014 è sottoposto al 41-bis, misura destinata a evitare i contatti con l’esterno per detenuti legati alla criminalità organizzata.
Nel 2022 l’uomo aveva fatto ricorso alla Corte di Strasburgo, sostenendo che la sua permanenza nel regime carcerario speciale fosse incompatibile con lo stato di salute, e che le cure ricevute in carcere fossero insufficienti. La Corte non gli ha dato ragione su quest’ultimo punto, ma ha riconosciuto che la prosecuzione del 41-bis, nonostante l’aggravarsi delle patologie e l’età avanzata, costituisce una violazione dei diritti umani. I giudici hanno osservato che, considerata la gravità delle sue condizioni neurologiche e il tempo trascorso in isolamento, non sussiste più un rischio concreto che Morabito possa riallacciare rapporti con ambienti criminali esterni.
La sentenza si riferisce in particolare al periodo compreso fino al 24 maggio 2023, quando Morabito fu trasferito d’urgenza in ospedale per essere operato a causa di un’ernia. In quell’occasione, il 41-bis era stato temporaneamente sospeso, ma la misura è stata riattivata nel novembre successivo, nonostante le persistenti problematiche mediche.
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