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Retroscena

Ecco chi sono le eminenze grige del Conclave

La sfida silenziosa nella Cappella Sistina: tra rigidità dottrinali, indipendenza spirituale e intrighi interni

Ecco chi sono le eminenze grige del Conclave

I cardinali Marx e Mueller

I cardinali più loquaci stranamente sembrano essere i tedeschi. In particolare Gerhard Ludwig Müller, già prefetto del Sant’Uffizio e l’arcivescovo di Monaco Reinhard Marx. Parlano a ruota libera perché sono convinti che nessuno di loro sarà mai Papa. Il primo perché leader dei conservatori ed è improbabile che il Conclave effettui una virata radicale in senso tradizionalista. Il secondo (persona profondamente ironica) perché «con il cognome che porto non potrò mai guidare la Chiesa», trasformandola, almeno nominalmente, in marxista. I due porporati concordano: «Il prossimo Pontefice sarà un successore di San Pietro, non di Francesco o di uno qualsiasi degli ultimi Papi». E certamente sarà così; diversamente significherebbe creare una sorta di dinastia (progressista o tradizionalista che sia) all’interno della Chiesa, compiendo un errore dottrinale di cui tutte le fazioni ne sono ampiamente convinte. Entrambi i cardinali sono consapevoli che il bagno di fedeli in piazza San Pietro e lungo il percorso verso Santa Maria Maggiore e l’arrivo dei potenti del mondo per le esequie di Francesco, sono il riconoscimento evidente dell’autorità morale della Chiesa e i porporati riuniti in Conclave non possono, dividendosi, rovinare tutto. Dunque, lo Spirito Santo sembra già all’opera anche se dovrà faticare di più che in altre occasioni.

Scongiurati scismi o divisioni insanabili, i cardinali ora cercano di individuare il loro capo. Mueller insiste molto sul «rigore dottrinale», concetto che non negano i progressisti, mentre Marx, che più che marxista sembra un democristiano vecchia maniera, appare ottimista e sottolinea come, per prima cosa, il prossimo Papa «dovrà essere una persona libera». Autonoma, indipendente sia all’interno che all’esterno della Chiesa. Marx ne tratteggia la figura sottolineando che il Pontefice è «un pastore», il leader del Popolo di Dio, «non è un burocrate e neppure un manager». Parole che sembrano cassare la candidatura del Segretario di Stato Parolin, talmente abile nel suo lavoro tanto che nessun Papa ne potrebbe fare a meno. Per cui il “manager” Parolin è meglio che prosegua nel suo ruolo di premier della Chiesa, lasciando a un “pastore” la Cattedra di Pietro. Quasi tutti i cardinali si conoscono solo di vista e le questioni di schieramento (destra e sinistra) oppure di “campanile”, secondo Marx, contano poco. Nelle congregazioni generali, cominciate da alcuni giorni, dovranno individuare il loro leader e, a questo punto, ci si può attendere di tutto. Può davvero spuntare dal nulla colui che li può rappresentare «cor unum et anima una». Prima ancora del “papa potenziale”, le eminenze dovranno affrontare nelle loro riunioni pre-conclave, la questione “Becciu”. Una vera “patata bollente”, al momento irrisolta. Il cardinale “azzoppato” da Francesco insiste nell’affermare d’aver diritto a partecipare al voto, ma esisterebbero due documenti siglati da Francesco che direbbero il contrario. «Becciu, meglio farebbe - spiega un vecchio monsignore di lungo corso - a rinunciare per una questionedi opportunità. Questa insistenza, la potranno anche comprendere i cardinali, ma non i fedeli».

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