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02 Maggio 2025 - 13:15
Immagine di repertorio
Dopo oltre cinquant’anni trascorsi in orbita, una capsula termoprotetta sovietica delle dimensioni di un’auto si sta dirigendo verso la Terra, con impatto previsto attorno al 10 maggio. Si tratta di Cosmos 482, parte di una missione spaziale dell’Unione Sovietica del 1972 che avrebbe dovuto raggiungere Venere, ma che fallì poco dopo il lancio.
Il componente in rientro (nella foto) è una capsula da circa tre piedi di diametro (poco meno di un metro) e mezzo quintale di peso, secondo quanto spiegato dall’astronomo Jonathan McDowell dello Smithsonian. Sebbene il modulo sia destinato a impattare l’atmosfera terrestre a velocità elevatissime, ridurrà la sua velocità a circa un paio di centinaia di chilometri orari prima dell’impatto con il suolo. Ma la massa resta significativa: "se ti colpisce, fa male", ha dichiarato McDowell.
Lanciata dall’attuale Kazakistan nel 1972, Cosmos 482 era una sonda destinata a raggiungere e atterrare su Venere. Ma lo stadio superiore del razzo fallì, lasciando in orbita soltanto la capsula d’ingresso, progettata per resistere all’estrema pressione e temperatura dell’atmosfera venusiana. Questa protezione termica, oggi, si sta rivelando determinante: ha permesso alla capsula di resistere per decenni in orbita e ora di sopravvivere al rientro nell’atmosfera terrestre. "Pensavamo fosse solo un pezzo di detrito spaziale", ha raccontato McDowell, "ma col tempo ho notato che si comportava in modo anomalo, era più denso, non cadeva come il resto". È stato solo anni dopo che si è capito: non era semplice spazzatura spaziale, ma una capsula progettata per sopravvivere a Venere.
La zona d’impatto potenziale si estende tra i 51 gradi di latitudine nord e sud, cioè dalla Scozia al Cile, passando per gran parte degli Stati Uniti, l’Europa meridionale, l’Africa, il sud-est asiatico e l’Australia. In altre parole: "Se siete pinguini, siete salvi. Ma se vivete altrove, siete nella zona", ha ironizzato McDowell. Nonostante l’incertezza sul punto esatto di caduta, le probabilità che la capsula colpisca un’area abitata restano molto basse, considerando che il 70% della superficie terrestre è coperta dagli oceani e che l’oggetto ha dimensioni contenute. Tuttavia, "è comunque una massa di mezza tonnellata che cade dal cielo", ha ribadito McDowell. "Meglio non trovarsi sotto".
Per l’astronomo Marco Langbroek, che ha calcolato il rientro tra il 9 e l’11 maggio, questo evento rappresenta un caso emblematico del problema crescente dei detriti spaziali. L’orbita bassa terrestre è sempre più affollata: tra satelliti funzionanti, satelliti morti, resti di razzi e frammenti, il rischio di collisioni e rientri incontrollati aumenta. Lo spazio si sta riempiendo troppo in fretta, ha commentato McDowell. Eppure ci affidiamo sempre di più ai satelliti per le nostre attività quotidiane. È il momento di affrontare seriamente il problema della pulizia dell’orbita.
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