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IL CASO
09 Maggio 2025 - 06:15
Un corpo senza nome da un mese e un altro che non si trova da quasi 9 anni: due gialli che si intrecciano e hanno in comune un paese, Leini. Oltre a una doppia indagine dei carabinieri per capire che cosa sia successo a quei due uomini.
Il corpo senza nome è quello dell’uomo di colore rinvenuto un mese fa in un casolare abbandonato in via Roveglia Ruffini, fra Leini e Volpiano: il corpo era in avanzato stato di decomposizione ma non presentava segni di violenza. Le analisi effettuate finora dai carabinieri della Compagnia di Venaria Reale e dal gabinetto di Medicina legale ricondurrebbero il decesso, avvenuto circa un anno fa, a cause naturali.
Il cadavere era sprovvisto di documenti e gli investigatori ipotizzino che si tratti di un senzatetto che aveva trovato rifugio nella cascina di via Roveglia Ruffini 45 (che era disabitata da tempo). Qualche risposta certa potrebbe arrivare con gli esiti dell’esame genetico. Anche se, per dare un’identità al cadavere, bisognerà trovare una corrispondenza nella banca dati del Dna: un “match” che risulterebbe difficile se l’uomo deceduto fosse davvero un clochard o un irregolare sul territorio nazionale. Peraltro, nell’ultimo anno, nessuno ha presentato denuncia di scomparsa ai carabinieri della zona.
Come detto, questo non è l’unico mistero di Leini: mentre ci si interroga sull’identità dell’uomo trovato nel cascinale, torna in mente la storia di Momcilo Bakal, ex militare scomparso ne nulla a settembre 2016. Proprietario della ditta di commercio di legname Momo di via Fornacino 71 a Leini, il bosniaco oggi avrebbe 52 anni. Invece non è mai stato ritrovato nonostante le indagini mai interrotte da parte dei militari, coordinati dalla Procura di Ivrea. A suo tempo, gli inquirenti avevano aperto un’inchiesta per omicidio: l’ipotesi è che l’uomo sia stato ucciso e poi “fatto sparire”. Nel corso degli anni le ricerche non si sono mai fermate ma del corpo, ricercato anche con i cani molecolari, non è mai stata trovata alcuna traccia: carabinieri e vigili del fuoco avevano cercato nel lago artificiale della Falchera, ripescando due auto ma non quella di Bakal.
Andò meglio nel sopralluogo in un altro terreno, a Settimo, dove si trova un magazzino di cui il bosniaco era proprietario: qui è stato infatti ritrovato il suo portafoglio, con all’interno patente e carta d’identità. Non solo: a Settimo c’era anche il suo passaporto mentre non è stata trovata traccia del suo cellulare. Anni fa era emerso che due uomini croati, padre e figlio residenti a Falchera, erano stati gli ultimi a vedere Bakal. E i due erano finiti nel registro degli indagati.
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