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Economia

Albicocche sempre più rare: il cambiamento climatico mette a dura prova la produzione

Eventi estremi come gelate e grandinate stanno causando un forte calo della produzione in Italia e in tutta Europa, con effetti evidenti sui mercati e sulle colture.

Albicocche sempre più rare: il cambiamento climatico mette a dura prova la produzione

Se avete notato una minore presenza di albicocche sui banchi dei mercati o nei supermercati, non è solo una vostra impressione: quest’anno la disponibilità del frutto è drasticamente calata, e le ragioni sono legate principalmente agli effetti del cambiamento climatico.

In diverse regioni d’Europa – e anche in Turchia – la produzione di albicocche ha subito un forte contraccolpo. Dopo un avvio di stagione che sembrava promettente, le colture sono state messe in crisi da eventi climatici estremi, in particolare gelate tardive e grandinate, che hanno compromesso lo sviluppo dei frutti.

Alla fine di aprile, durante la fiera agricola Medfel in Francia, gli operatori del settore avevano previsto una contrazione della produzione del 10%. Tuttavia, le successive ondate di maltempo che hanno interessato quasi tutto il continente hanno aggravato la situazione ben oltre le stime iniziali.

In primavera, le gelate rappresentano un pericolo serio per gli alberi da frutto: proprio in questo periodo, infatti, le piante sono in fase di fioritura o di prima formazione dei frutti, che risultano estremamente sensibili a cali improvvisi di temperatura. Il ghiaccio che si forma all’interno dei tessuti vegetali provoca danni irreversibili, portando alla disidratazione delle cellule e al deterioramento dei frutticini.

Fioriture anticipate e rischi maggiori

Un tempo, le piante entravano in fioritura quando il rischio di gelate era ormai basso. Ma oggi, a causa del riscaldamento globale, molte specie iniziano a fiorire sempre prima. Questo anticipo le rende vulnerabili proprio quando il clima è ancora instabile e soggetto a bruschi abbassamenti di temperatura.

Un esempio emblematico arriva dal sud Italia: Franco Lillo, consulente agricolo attivo nell’area del Metaponto (Basilicata), racconta che a marzo le temperature sono state insolitamente elevate, mentre in aprile si sono registrati picchi fino a zero gradi. Le piogge frequenti hanno ostacolato la crescita dei frutti e provocato l’adesione dei petali ai frutticini, contribuendo a un’umidità persistente che favorisce le malattie.

Tra queste, una delle più temute è la monilia, infezione fungina che colpisce fiori, frutti e rami, causando annerimenti e, in alcuni casi, la formazione di muffe visibili.

Nel nostro Paese, le stime parlano di un calo produttivo del 20%, con una previsione che passa dalle 245mila tonnellate del 2024 a circa 200mila per quest’anno. Un risultato deludente, soprattutto se si considera che il 2024 era già stato un anno negativo per il settore, e si sperava in una netta ripresa.

Oltre ai danni da eventi atmosferici, c’è anche una tendenza più profonda che incide su questi numeri: la progressiva riduzione delle superfici coltivate a causa della crescente incertezza. Sempre più agricoltori stanno abbandonando la coltivazione delle albicocche, ritenuta troppo costosa e rischiosa in un clima diventato imprevedibile.

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