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Il nuovo albo
26 Giugno 2025 - 11:10
In Italia la pizza è molto più di un semplice piatto: è un simbolo culturale, una tradizione riconosciuta dall’UNESCO, un’icona del Made in Italy. Fino a oggi chiunque poteva definirsi pizzaiolo anche senza alcuna formazione certificata. Questo scenario potrebbe cambiare radicalmente grazie a una proposta di legge attualmente in discussione al Senato che punta a istituire un albo nazionale dei pizzaioli professionisti.
La proposta nasce dalla fusione di due disegni di legge: uno a firma di Bartolomeo Amidei (Fratelli d’Italia), l’altro di un gruppo trasversale di senatori. L’obiettivo è di riconoscere giuridicamente la figura del pizzaiolo e tutelare i consumatori garantendo qualità e sicurezza alimentare. Chi vorrà definirsi “pizzaiolo professionista” dovrà affrontare un percorso formativo di almeno 120 ore suddivise tra pratica in laboratorio, igiene, scienze dell’alimentazione e perfino una lingua straniera. Alla fine del percorso sarà richiesto un esame teorico-pratico. Per chi già esercita il mestiere, è prevista un’alternativa: dimostrare almeno dieci anni di esperienza o aver ricoperto il ruolo di maestro pizzaiolo. In entrambi i casi l’iscrizione sarà valida per cinque anni rinnovabile con possibili aggiornamenti obbligatori.
L’albo sarà gestito dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, mentre gli elenchi locali saranno curati da Camere di Commercio e centri per l’impiego. Il testo base della proposta è stato definito alla fine del 2024 e ha già ottenuto i primi pareri positivi nelle commissioni. Secondo il senatore Amidei, l’iniziativa rappresenta una tutela economica e culturale, paragonabile ad altre professioni artigiane regolamentate. Le associazioni di categoria sembrano appoggiare con entusiasmo il progetto, riconoscendone il valore come conquista professionale.
Ma le critiche non mancano. C’è chi teme un eccesso di burocrazia, che potrebbe penalizzare chi ha imparato il mestiere sul campo, magari in contesti familiari o tradizionali. Altri denunciano il rischio di una standardizzazione forzata, che potrebbe appiattire la diversità territoriale della pizza: da Napoli a Palermo, da Torino a Bari, ogni pizzeria custodisce una ricetta unica.
Inoltre, si teme che a trarne vantaggio siano solo le grandi catene o le scuole certificate, lasciando indietro i piccoli artigiani. E resta da chiarire anche il quadro europeo: come verranno riconosciuti i pizzaioli stranieri? I titoli ottenuti all’estero saranno validi in Italia? Il Parlamento, intanto, va avanti. Sono già stati stanziati milioni di euro per finanziare l’avvio dell’albo e dei percorsi formativi. Alcune associazioni si candidano come enti certificatori, altre restano più caute in attesa di vedere come si concretizzerà il progetto.
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