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Antimafia e TikTok insieme per contrastare il proselitismo criminale online

La Commissione parlamentare stringe un'alleanza con la popolare piattaforma per arginare la "fascinazione del male" esercitata dalle mafie sui più giovani, sempre più presenti sui social

Antimafia e TikTok insieme per contrastare il proselitismo criminale online

La lotta alla mafia si sposta sui social network. La Commissione parlamentare Antimafia, presieduta da Chiara Colosimo, ha siglato un Protocollo d'intesa con TikTok Italia, piattaforma che conta 23 milioni di iscritti, per contrastare le strategie di proselitismo e narrazione criminale che le organizzazioni mafiose utilizzano per attrarre i giovani.

L'accordo, firmato a Palazzo San Macuto, nasce dalla crescente preoccupazione per una "fascinazione del male" che colpisce le nuove generazioni. "Mentre si racconta di una mafia che non spara più e che si occupa sempre più di affari, la reazione emotiva alle stragi degli anni passati si va affievolendo e i ragazzi non solo non restano lontani da certi fenomeni ma sembrano addirittura subire una sorta di fascinazione del male, alimentata dalla retorica dei soldi facili," ha denunciato la Presidente Colosimo.

L'obiettivo del protocollo è duplice: da un lato, sostenere TikTok nel limitare la diffusione di immagini e contenuti che violano le policy della piattaforma, dall'altro, sensibilizzare i giovani a svolgere un ruolo attivo nella segnalazione. La stessa Presidente Colosimo ha annunciato che approderà su TikTok per "segnalare i contenuti che a mia volta mi verranno segnalati".

Che i social siano diventati un nuovo "ufficio di collocamento" per le mafie è una tesi supportata da recenti studi. Marcello Ravveduto, professore di public and digital history dell’Università di Salerno, nel suo report "Le mafie nell’era digitale", descrive come il mafioso si trasformi in un "personaggio" che racconta la propria vita quasi fosse un reality, costruito sull'estetica del potere.

I nuovi adepti, definiti "mafiofili", sono attratti da dinamiche spregiudicate, spesso idealizzate e ispirate a narrazioni come quelle di "Gomorra", dove denaro, donne e potere sembrano raggiungibili senza studio né lavoro. Questa "post-verità" mescola miti e algoritmi, leggende e personaggi reali, esibendo la mafia come un vero e proprio marchio. Un esempio è il caso di Emanuele Sibillo, capo della "paranza dei bambini", ucciso nel 2015 a soli 20 anni, diventato un simbolo con la sigla "Es17".

Ravveduto evidenzia la tipologia di contenuti che inneggiano alla vita mafiosa: video di scarcerazioni, riprese live di arresti, la quotidianità dei detenuti ai domiciliari, i reel delle mogli che visitano i mariti in carcere. A ciò si aggiunge l'utilizzo di hashtag specifici, brani musicali o emoji simboliche come la catena (legame con il clan), il leone (il capo), la siringa (la vendetta), il ninja (la lotta armata) e il cuore azzurro (il "sangue blu" della nobiltà). Non mancano video accompagnati da canzoni con testi che inneggiano alla violenza e al disprezzo per le forze dell'ordine, che spesso circolano sui social quasi indisturbati.

TikTok ha dichiarato di agire proattivamente nella rimozione di tali contenuti, affermando di rimuovere il 97,1% dei video che violano le policy relative a comportamenti violenti o criminali, con l'81,2% di questi contenuti eliminati prima ancora che ricevano visualizzazioni. La collaborazione con l'Antimafia mira a rafforzare ulteriormente queste azioni.

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