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Cybersicurezza
11 Luglio 2025 - 07:30
Il Partito Comunista Cinese ha annunciato l'introduzione del Cyberspace ID, una nuova identità digitale statale pensata per unificare l'accesso ai servizi digitali e, al contempo, rafforzare il monitoraggio diretto su ogni individuo che naviga in rete.
Il sistema, ideato dal Ministero della Pubblica Sicurezza in collaborazione con la potente Amministrazione del Cyberspazio (l'ente governativo responsabile del controllo e della regolamentazione di internet nel paese), rappresenta una svolta epocale. La novità principale consiste nel fatto che il Cyberspace ID sostituirà l'attuale modello frammentato e decentralizzato, in cui la verifica dell'identità online è affidata a una miriade di aziende private. Con questo nuovo sistema, tale funzione sarà accentrata nelle mani del governo centrale.
Secondo le autorità di Pechino, il Cyberspace ID garantirà una maggiore "protezione delle informazioni identificative dei cittadini" e promuoverà uno "sviluppo sano e ordinato dell'economia digitale". In concreto, l'obiettivo dichiarato è ridurre la proliferazione di registrazioni multiple con dati sparsi e l'obbligo per gli utenti di autenticarsi più volte su diverse app. Il sistema prevede che ogni cittadino abbia un unico profilo digitale, verificato tramite un documento d'identità, riconoscimento facciale e numero di cellulare. Per ottenere questa identità digitale, gli utenti dovranno inviare le proprie informazioni personali direttamente alla polizia attraverso un'app ufficiale.
L'introduzione ufficiale del sistema è prevista per il 15 luglio, ma già 67 piattaforme, con oltre sei milioni di utenti secondo i media di Stato, hanno integrato il login tramite identificazione statale. Per ora, l'adesione è volontaria, ma tutto lascia intendere che, nei prossimi anni, diventerà l'unico modo per accedere al vasto ecosistema digitale cinese, che include non solo app commerciali ma anche servizi pubblici essenziali.
Per comprendere la genesi di questa iniziativa, è fondamentale analizzare l'articolato ecosistema digitale cinese. Da anni, il governo di Pechino esercita un controllo capillare su internet attraverso il "Great Firewall", un sistema di censura che blocca centinaia di migliaia di siti web, inclusi motori di ricerca come Google, social network internazionali come quelli del gruppo Meta, e molte testate giornalistiche straniere.
La sorveglianza non si limita al solo blocco tecnico. Per interagire online – che si tratti di commentare un post, giocare a un videogioco o ordinare cibo a domicilio – gli utenti devono registrarsi con il proprio nome sulla piattaforma che offre il servizio. Finora, il compito di monitorare i comportamenti online è spettato alle aziende private. Adesso, con l'identità digitale, sarà lo Stato a mappare in tempo reale le attività di ogni utente in rete, senza più intermediari.
L'idea nasce da una proposta avanzata all'inizio del 2024 da Jia Xiaoliang, vicedirettore della polizia informatica nella Cina nord-orientale e delegato dell’Assemblea Nazionale del Popolo. Durante le "Due sessioni" (le plenarie dell'Assemblea nazionale del popolo e della Conferenza politica consultiva del popolo cinese), Jia ha proposto la creazione di un sistema centralizzato per l’identificazione online degli utenti.
Quando il governo ha aperto la proposta a commenti pubblici, nel luglio dello scorso anno, non sono mancate le critiche. Esperti di privacy e giuristi hanno subito sollevato timori per le implicazioni sul controllo sociale e sulla protezione dei dati personali. Se da un lato il nuovo sistema potrebbe ridurre l'esposizione degli utenti a frodi o furti di dati personali, dall'altro potrebbe accelerare l'erosione della già limitata libertà di espressione in Cina.
Il timore più diffuso è che, in caso di attività ritenute "anomale" – secondo criteri discrezionali dei censori – le autorità possano revocare o sospendere l'ID digitale, bloccando l'accesso non solo a internet, ma anche a servizi essenziali come banking, trasporti, istruzione e sanità. Inoltre, in futuro, i dati legati agli ID digitali potrebbero confluire in un sistema di sorveglianza ancora più esteso e integrato, pensato anche per facilitare forme di monetizzazione da parte dello Stato.
Non solo. C'è anche un'altra minaccia, più sottile: nelle mani sbagliate, come quelle di potenze straniere o gruppi di spionaggio, i dati personali dei singoli utenti potrebbero essere utilizzati per orchestrare campagne di disinformazione o attacchi informatici. Oppure, essere impiegati per addestrare intelligenze artificiali in grado di ricavare informazioni sensibili sulla popolazione cinese.
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