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Cibo e sanità

Linee guida su STEC e latte crudo: Slow Food chiede un approccio più equilibrato

L’associazione propone un piano nazionale di formazione e segnala i rischi economici, ambientali e culturali delle nuove disposizioni

Linee guida su STEC e latte crudo: Slow Food chiede un approccio più equilibrato

Le recenti disposizioni del Ministero della Salute in materia di sicurezza alimentare hanno suscitato forti preoccupazioni all'interno del mondo della produzione casearia artigianale. In particolare, Slow Food Italia ha espresso perplessità riguardo alle linee guida sul controllo del batterio STEC (Escherichia coli) nei formaggi a latte crudo, ritenute poco adatte alle realtà produttive di piccola scala.

Attraverso un documento dettagliato, l’associazione ha sollevato dubbi sull’efficacia e sull’equità delle misure previste, considerate troppo onerose soprattutto per le aziende agricole di montagna e per i casari che operano in alpeggio. Secondo Slow Food, l’attuale sistema di controlli rischia di colpire in maniera indiscriminata tutto il comparto, senza valutare caso per caso le reali condizioni igienico-sanitarie delle produzioni.

Il testo diffuso dall’associazione sottolinea il valore culturale, ambientale ed economico dei formaggi a latte crudo, evidenziando il loro ruolo nella salvaguardia di ecosistemi fragili, nella conservazione delle razze animali autoctone e nel contrasto allo spopolamento delle aree interne. Viene inoltre ribadita la necessità di riconoscere l’importanza di queste produzioni come strumenti di presidio del territorio e non come semplici prodotti alimentari.

I dati epidemiologici riportati nel documento contribuiscono a ridimensionare l’allarme. Nel 2023, i casi registrati in Italia di infezione da STEC sono stati 96, senza alcun decesso, con un’incidenza sulla popolazione definita trascurabile. In confronto, le infezioni da Listeria – riscontrabili anche nei prodotti a latte pastorizzato – hanno avuto numeri ben più rilevanti: 231 casi in Italia e oltre 330 morti in Europa nello stesso anno.

Alla luce di queste considerazioni, Slow Food ha proposto un piano formativo nazionale rivolto a casari e allevatori, ritenendo essenziale promuovere conoscenza e buone pratiche igieniche direttamente sul campo. Inoltre, l’associazione ha posto l’accento sulla necessità di una comunicazione pubblica più chiara e meno allarmista, che includa informazioni precise per i consumatori, in particolare per le categorie più esposte.

Il documento mette anche in evidenza i possibili effetti negativi di una standardizzazione forzata dei processi produttivi: dall’aumento dei costi energetici e idrici per la pastorizzazione, alla svalutazione dei prodotti artigianali, fino al concreto rischio di abbandono dell’attività da parte di numerosi produttori.

Slow Food, impegnata nella valorizzazione del latte crudo sin dal 1997 con la nascita della manifestazione Cheese a Bra (Cuneo), ha ricordato che l’Italia può vantare un ricchissimo patrimonio caseario: oltre 600 formaggi tradizionali riconosciuti, 80 Presìdi Slow Food e 56 denominazioni Dop/Igp, circa la metà dei quali realizzati con latte non pastorizzato.

L’associazione ha infine annunciato che continuerà a lavorare con la rete di produttori e con altre realtà impegnate nella promozione dell’agricoltura artigianale, per difendere un patrimonio agroalimentare che considera non solo una risorsa economica, ma anche un’espressione culturale da proteggere e valorizzare.

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