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IL TERREMOTO

Kamchatka, la “penisola di fuoco” trema: cosa c’è dietro il sisma da 8.8

Tra vulcani attivi, subduzione e rischio tsunami: perché la Kamchatka è sorvegliata speciale della scienza geologica

Kamchatka, la “penisola di fuoco” trema: cosa c’è dietro il sisma da 8.8

Lontana da tutto, eppure al centro di uno dei sistemi geologici più instabili del pianeta.
La Kamchatka, sperone orientale della Russia affacciato sul Pacifico, è stata colpita da un terremoto di magnitudo 8.8. Un evento violento, ma non del tutto sorprendente: questa terra è uno dei cuori pulsanti – e pericolosi – dell’Anello di Fuoco del Pacifico.

La Kamchatka è lunga oltre 1.200 chilometri, grande quasi quanto l’Italia, ma abitata da appena 350 mila persone. Affacciata sul Pacifico da un lato e sul Mare di Ochotsk dall’altro, è un territorio poco popolato, dominato dalla natura: vulcani, ghiacci, foreste e una manciata di centri abitati, tra cui la città principale, Petropavlovsk-Kamčatskij.

Nonostante l’isolamento geografico, è un punto caldo per i geologi. La penisola ospita oltre 300 vulcani, una trentina dei quali ancora attivi. Il più noto è il Klyuchevskaya Sopka, tra i più grandi del mondo. Non a caso, l’intera regione è riconosciuta come patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. L’attività sismica della Kamchatka non è una novità. La penisola si trova su una faglia dove la placca oceanica del Pacifico scivola sotto quella continentale, un fenomeno noto come subduzione. È lo stesso meccanismo che provoca i terremoti più forti del pianeta.

Nel 1952, un sisma di magnitudo tra 8.5 e 9.0 provocò uno tsunami con onde alte fino a 18 metri, uccidendo più di 2.300 persone. Anche nel 2020 si registrò un terremoto potente, magnitudo 7.5, con allerta tsunami e danni fortunatamente contenuti.

Il sisma di oggi conferma che la Kamchatka resta uno dei punti più critici dell’intero Anello di Fuoco. Gli scienziati monitorano costantemente la zona, ma la verità è che eventi di questa portata, qui, non sorprendono più. Restano però imprevedibili. In queste ore, si valutano i danni e si temono eventuali repliche. La speranza è che la popolazione, sparsa su un territorio vastissimo e difficile da raggiungere, sia stata messa in sicurezza.

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