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IL FATTO

La nuova garante entra al Lorusso e Cutugno «Il suicidio? Nessun segno premonitore»

La prima visita di Monica Formaiano all’istituto dopo il tragico gesto del 45enne che si è tolto la vita

La  nuova garante entra al Lorusso e Cutugno «Il suicidio? Nessun segno premonitore»

Monica Formaiano

E’ morto un altro uomo detenuto nel carcere torinese. Giovedì si è impiccato nel bagno della cella. Aveva 45 anni, un trascorso difficile, veniva da Genova.
Ha usato un laccio delle scarpe, non un lenzuolo come era stato inizialmente ricostruito. Al seguito di questo tragico evento, il 53esimo suicidio in carcere del 2025 in Italia, una media di un dramma anticonservativo ogni quattro giorni, la nuova garante regionale per le persone private di libertà, Monica Formaiano, si è recata nel penitenziario torinese Con lei, l’attuale garante comunale, Monica Cristina Gallo, la cui nomina è scaduta a fine luglio - ma che resta in carica sino alla nuova nomina che spetta al sindaco di Torino, Stefano Lo Russo.
Per Monica Formaiano è stata la prima visita con la nuova carica: avvocata penalista per oltre 32 anni, ieri ha varcato la pesante porta d’ingresso che separa due mondi che mai come in questo periodo storico sembrano così distanti tra loro, quello dei liberi e quello dei reclusi. «E’ stato impattante, non c’è dubbio» spiega all’uscita. Le garanti hanno trascorso oltre quattro ore dentro il penitenziario, incontrando la direttrice, Elena Lombardi Vallauri. «Abbiamo incontrato anche il concellino dell’uomo che si è suicidato. Era sconvolto, sotto shock. Non si aspettava minimamente una cosa del genere. Se n’è accorto proprio lui di cosa era accaduto, al momento della conta, vedendo che non c’era, ha provato a chiamarlo. Lui, come gli altri uomini detenuti che stanno sullo stesso piano, nel medesimo padiglione, in questo momento sono seguiti e supportati dal personale. E’ un dramma» spiega Formaiano. La famiglia del 45enne si è riservata la possibilità di chiedere di aprire un’inchiesta, per accertare le dinamiche, in quanto sostengono che l’uomo avesse dato segni di fragilità. Era dentro da aprile, la condanna definitiva gli era stata comunicata da pochissimo, sapevano dei suoi problemi le garanti o il penitenziario? «No, sinceramente, non era arrivata nessuna comunicazione nè a me nè a Monica Gallo e non mi risulta lo sapessero al penitenziario. Il suo compagno ci ha detto che era una persona molto timida, di poche parole. Andavano d’accordo, avevano la loro routine. E’ devastato dal lutto» risponde Formaiano. Ieri ha visitato gran parte del penitenziario, parlando anche con diverse persone che si trovano all’interno per scontare una pena. «La privazione della libertà non deve mai trasformarsi in privazione di dignità e di speranza» dice la garante. «La solitudine, l’assenza di prospettive concrete e il senso di abbandono possono diventare un macigno insostenibile per chi vive dietro le sbarre». E’ possibile far qualcosa per migliorare la situazione? «È indispensabile investire in percorsi effettivi di riabilitazione sociale che abbiano un reale valore di recupero e reinserimento, coinvolgendo istituzioni, operatori, volontariato e comunità esterna. Solo così possiamo evitare che i detenuti restino soli di fronte alle proprie fragilità».

Nei giorni precedenti al tragico suicidio dell’uomo, la Camera Penale del Piemonte e della Valle d’Aosta aveva indetto uno sciopero della fame a staffetta, per attenzionare le problematiche delle carceri. «Lo diciamo da mesi e non ci stanchiamo di ripeterlo. È urgente ristabilire la legalità costituzionale nelle carceri italiane. La situazione di sovraffollamento e l’impossibilità di garantire adeguati percorsi di reinserimento per i detenuti, come impone la Costituzione, interroga tutti, politica e magistratura. Il Parlamento di fronte ad un’emergenza umanitaria di tale portata si riunisca anche ad agosto per trovare una soluzione. Contemporaneamente la magistratura, a legislazione invariata, si assuma la responsabilità di attuare pienamente il dettato costituzionale, favorendo l’adozione di tutte le misure alternative alla detenzione» dichiara il vicepresidente della Camera Penale, Maurizio Basile.

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