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Il decreto
29 Agosto 2025 - 13:20
La riforma del lavoro sportivo è stata ufficialmente convertita in legge con la legge 119 dell’8 agosto 2025, che ha trasformato in via definitiva il decreto legge 96 del 30 giugno 2025. Oltre a misure legate ai grandi eventi sportivi come i Giochi Olimpici e l’America’s Cup, il provvedimento introduce novità significative per chi lavora nello sport, con l’obiettivo di dare maggiore stabilità economica e valorizzare i giovani talenti.
La modifica più rilevante riguarda la durata dei contratti a tempo determinato nel lavoro subordinato sportivo. La soglia massima, prima fissata a cinque anni, viene ora portata a otto anni.
L’articolo 11 della riforma prevede infatti che il contratto di lavoro subordinato sportivo possa avere un termine finale fino a otto anni dall’inizio del rapporto. Una misura pensata per garantire:
maggiore continuità lavorativa agli atleti, che possono contare su contratti più lunghi e sicuri;
programmazione a lungo termine per le società sportive, che possono così pianificare con più stabilità i propri progetti tecnici.
Questa estensione riguarda anche il settore dilettantistico, con l’obbligo per i contratti collettivi di adeguarsi alla nuova norma. Per i professionisti, invece, restano vincoli legati alla sostenibilità finanziaria nazionale, in particolare con il limite all’ammortamento dei costi di acquisizione, ancora fissato a cinque esercizi.
La riforma introduce anche un sostegno concreto a chi sceglie di portare avanti insieme carriera sportiva e universitaria. Presso la Presidenza del Consiglio, Dipartimento per lo Sport, è stato istituito un Fondo sport con una dotazione iniziale di 1 milione di euro per il 2025, destinato a finanziare borse di studio per atleti universitari meritevoli.
Il sostegno potrà coprire anche spese di alloggio presso le strutture universitarie, riconoscendo le difficoltà di chi deve conciliare allenamenti, competizioni e studio. I requisiti per accedere alle borse non sono ancora definiti: servirà un decreto specifico del Presidente del Consiglio, in accordo con il Ministero dell’Università e della Ricerca.
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