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Schiavi per Putin: l’inferno dei nordcoreani nei cantieri russi

Condizioni disumane, la nuova schiavitù al servizio dell’alleanza tra Mosca e Pyongyang

Schiavi per Putin: l’inferno dei nordcoreani nei cantieri russi

Il regime comunista nordcoreano, governato da Kim Jong Un, non è solo un sistema di repressione interna: è una macchina spietata che trasforma il proprio popolo in materia prima da sfruttare, anche all’estero, al servizio di alleanze brutali. Secondo una recente indagine della BBC, migliaia di nordcoreani vengono inviati in Russia a lavorare «come schiavi» per colmare la drammatica carenza di manodopera innescata dalla guerra in Ucraina. Dal 2023 sono circa 100.000 i lavoratori nordcoreani all’estero. Di questi, decine di migliaia vengono destinati alla Russia: già nel 2024 sarebbero stati inviati oltre 10.000 lavoratori, e per il 2025 la previsione è che il totale superi i 50.000. Secondo dati russi, 13.000 nordcoreani sono entrati nel paese nel 2024 — un aumento di dodici volte rispetto all’anno precedente. La BBC ha raccolto le testimonianze di sei lavoratori nordcoreani fuggiti dalla Russia dall’inizio della guerra in Ucraina, oltre a rapporti di funzionari sudcoreani e ricercatori, e ha messo in luce una realtà che assomiglia drammaticamente a quella della servitù: migliaia di nordcoreani inviati in Russia in condizioni di schiavitù. 

Le condizioni di lavoro sono feroci: turni di più di 18 ore al giorno, sveglia alle sei del mattino, lavoro continuo fino alle due di notte, solo due giorni liberi all’anno. Case di fortuna, container sporchi, dormitori disumani, sorveglianza costante da agenti della sicurezza nordcoreana. Cadute, ferite, contusioni ignorate: non c’è ospedale, non c’è cura, non c’è soccorso. I salari ricevuti sono scarsi, la maggior parte trattenuta come entrata statale, con i lavoratori che spesso non ricevono nulla fino al rientro — quando il rientro è possibile.  Chi prova a uscire, parlare, guardare ciò che non deve essere visto, viene sorpreso, punito, picchiato. Il danno fisico è costante, l’umiliazione anch’essa. Molti scoprono che altri lavoratori stranieri guadagnano molto di più per molto meno lavoro, e la vergogna diventa un’altra catena. Il regime rafforza il controllo: addestramenti ideologici frequenti, autocritiche obbligatorie, riduzione drastica delle rare uscite dai cantieri. Le fughe sono diventate quasi impossibili. Non è solo sfruttamento economico, è un sistema di schiavitù organizzata, con il silenzio di autorità nazionali e internazionali. Putin non solo beneficia: egli legittima, consolida un ordine dove la Russia offre protezione militare, diplomatica, e in cambio riceve braccia, munizioni, obbedienza. Questa è la ferocia del comunismo quando non è propaganda: dispotismo puro, sopraffazione sistematica. Un regime totalitario che riduce l’uomo a ingranaggio, che usa paura, privazione, ideologia per assicurarsi obbedienza totale. Non è solo sfruttamento economico: è dominio dell’anima, delegittimazione della dignità umana. In questo disegno, Vladimir Putin diventa complice e padrone. Putin non sostiene un partner, ma un vassallo: Kim Jong Un fornisce armi, soldati e ora servi, uomini sottomessi per edifici e nuovi quartieri costruiti con ossa spezzate. La Russia, con la Bielorussia al suo fianco, sta allargando il suo dominio, ma non solo territoriale: estende il suo potere anche sulla vita quotidiana degli altri, decidendo chi lavora, come e a quale prezzo. Se qualcuno pensava che il Novecento avesse cancellato certe barbarie, questa alleanza dimostra il contrario.

Oggi, Pyongyang manda i suoi figli lontano, li costringe a lavorare fino alla morte, li rende schiavi dello Stato; Mosca accetta, il mondo assiste. Non bastano le sanzioni se vengono aggirate, non bastano le denunce se restano parole. È imperativo che la comunità internazionale riconosca che quello che sta accadendo è crimine contro l’umanità: comunismo non come idea, ma come regime di terrore organizzato, che annienta il singolo per nutrire la burocrazia corrotta e le gerarchie del potere. La brutalità del regime nordcoreano non è confinata all’immobilismo ideologico, né alla repressione interna: essa esplode anche fuori, nelle pieghe più oscure dell’alleanza fra Kim Jong Un e Vladimir Putin. Quanto descritto somiglia molto ai regimi del socialismo reale del Novecento: Stalin, Mao, i Gulag, i lavori forzati, le purghe, la riduzione dell’essere a materia da sfruttare fino all’ultimo. Come allora, regime totalitario significa controllo totale, significa privazione dei diritti, significa subordinazione della vita dell’individuo alla volontà del partito e del suo capo. La storia si ripete, tragica, e il mondo non può restare spettatore inerme.

 

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