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La polemica

Caos alla Festa dell'Unità: il ministro Zangrillo insultato

Cittadinanza, Askatasuna e Ius scholae: il ministro attaccato sul palco per le sue dichiarazioni su Askatasuna. Rossomando: “Centrodestra incapace di confronto”

Caos alla Festa dell'Unità: il ministro Zangrillo insultato

Doveva essere un confronto serrato ma civile sul tema della cittadinanza. È finita tra fischi, urla, momenti di tensione e l’uscita anticipata del ministro Paolo Zangrillo, dopo uno scontro verbale con parte del pubblico. È quanto accaduto Sabato sera alla Festa dell’Unità di Torino, nel corso dell’incontro tra il ministro della Pubblica Amministrazione (e coordinatore piemontese di Forza Italia) e la vicepresidente del Senato Anna Rossomando (Pd).

L’atmosfera era partita in modo positivo: Zangrillo è stato accolto dal segretario metropolitano del Pd, Marcello Mazzù, in un gesto definito di apertura democratica, visto che si tratta del primo ministro di un governo di centrodestra a salire sul palco della Festa simbolo dei valori Dem. Ma è bastato poco perché il confronto diventasse scontro.

Il dibattito si è scaldato quando sul tema sicurezza e, in particolare, del centro sociale Askatasuna. Rossomando rivendica gli interventi sulla città e sulle periferie: «Torino ha fatto molto». Zangrillo la interrompe, alzando i toni: «Cosa ha fatto? Ha tenuto aperto e rilanciato Askatasuna». E' nota infatti, l'ostilità tra Zangrillo e la decisione del primo cittadino democratico Stefano Lo Russo di aprire al Patto di collaborazione con la realtà di corso Regina Margherita 47. «Sul caso Askatasuna il sindaco Lo Russo dimentica che nei luoghi dell’agibilità democratica devono valere le leggi della democrazia. Questo significa avere coscienza dei valori alla base della nostra Costituzione e rispettare le regole. Non c’è nulla di democratico in un centro sociale che da decenni sfida le istituzioni e calpesta la legalità. Askatasuna è un buco nero di illegalità ed eversione: va chiuso, subito e senza più alibi» aveva dichiarato Zangrillo appena pochi giorni prima. 

Fischi, urla, insulti, con parte del pubblico che contesta apertamente il ministro, in particolare quando Zangrillo rivendica l'illegalità del Patto. "Cosa c'è di legale nel riportare con i soldi dello Stato un criminale di guerra a casa?", domandano dal pubblico, in riferimento al caso Al Masri. "Si vergogni". «Ma si vergogni lei!», replica di pancia il ministro. 

Il dibattito viene sospeso per alcuni minuti. Alla ripresa, il clima rimane teso. Alla fine, Zangrillo lascia il palco appena terminato il suo intervento, accompagnato dalla scorta. Poco prima, anche il segretario cittadino di Forza Italia Marco Fontana aveva abbandonato il tendone dopo un acceso scambio con alcuni presenti.

Eppure, almeno inizialmente, il confronto sui temi della cittadinanza aveva fatto intravedere uno spazio di dialogo tra maggioranza e opposizione. Zangrillo aveva precisato che una proposta di legge sulla cittadinanza potrà andare avanti solo con il pieno accordo della coalizione di governo: «Non mettiamo a rischio la stabilità del governo per una legge non condivisa dai nostri alleati». Ha poi ricordato che la proposta di legge dello Ius scholae– che prevede il riconoscimento della cittadinanza dopo 10 anni di scuola dell’obbligo – «non è lontanissima» dalle posizioni del Pd.

Rossomando ha replicato aprendo alla possibilità di una larga maggioranza: «Siamo pronti al confronto, ma serve calendarizzare il testo. Se il discorso si ferma al “non siamo d’accordo”, non si andrà mai avanti».

Il clima si è infiammato ulteriormente su altri temi come l’immigrazione, le file per i permessi di soggiorno e i riferimenti al «clima d’odio» evocato da Trump. «Chi delinque non merita di stare nel nostro Paese», ha detto Zangrillo, provocando nuove reazioni dal pubblico. E di democratico, c'è stato ben poco.

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