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Il processo

Narcos in rosa: mogli, madri e contabili del boss

Vincenzo Pasquino, classe '84, è stato arrestato in Brasile nel 2021, dopo due anni di latitanza. Ad “accenderlo” agli occhi degli investigatori è stata una foto che la moglie — figlia di un pluripregiudicato legato a Cosa nostra — invia il 26 giugno 2020 su una chat criptata

Narcos in rosa: mogli, madri e contabili del boss

Il traffico internazionale di droga non era solo affare di clan, ma questione domestica. Nuclei familiari con ruoli ben distribuiti: chi trattava con i fornitori sudamericani, chi faceva da cassa, chi intestava immobili. A Torino, il narcotraffico scorreva nei legami di sangue. E, alla fine, è proprio lì che ha mostrato le sue crepe. Vincenzo Pasquino, classe '84, è stato arrestato in Brasile nel 2021, dopo due anni di latitanza. Ad “accenderlo” agli occhi degli investigatori è stata una foto che la moglie — figlia di un pluripregiudicato legato a Cosa nostra — invia il 26 giugno 2020 su una chat criptata, per il suo trentesimo compleanno. Accanto a lei, con una maglietta a fiori e un mezzo sorriso, c’è proprio lui, il latitante. Il clic basta e avanza: i Ros decriptano, confrontano con il passaporto, e l’identificazione è servita. La latitanza, del resto, non gli aveva impedito di vivere da padre e da marito. Anche in ospedale, alla nascita della figlia, è lui a mandare le foto della neonata a un amico, che ironizza sul rischio di essere scoperti. E tra una confidenza e l’altra — «volevo chiamarla Maria, ma mia moglie dice che già ce ne sono due» — finisce per fornire un altro dettaglio utile agli investigatori. Troppi indizi per un uomo che usava username da calciatore e telefoni criptati, convinto che bastasse. Ora Pasquino è uno dei 12 nomi iscritti nell’avviso di chiusura indagini della Dda di Torino, firmato dai pm Livia Locci e Francesco Pelosi, con il lavoro dei carabinieri del Ros coordinati dal colonnello Andrea Caputo. Le accuse riguardano un asse consolidato fra il Piemonte e i cartelli latinoamericani. Ma accanto agli uomini — in cella o in fuga — ci sono anche le donne. Due su tutte: Rosalia Falletta e sua figlia Rita Siria, moglie e figlia di Nicola Assisi, boss storico del narcotraffico. Sono accusate di aver gestito milioni di euro in cocaina, rispondendo direttamente alla cella del capofamiglia. Entrambe si sono consegnate a dicembre, ora sono recluse insieme nel carcere di Torino, in attesa del processo. E poi c’è Jessica Vailatti, compagna di Pasquale Michael Assisi, che compare per i ruoli nella gestione patrimoniale. È sua, almeno formalmente, l’attività di noleggio auto riconducibile ai fondi di Nicola Assisi. È sua la firma per l’acquisto di una villetta nel Canavese intestata alla figlia. Ma la realtà è un’altra, lo dice lo stesso Pasquale in un colloquio intercettato: «Con i soldi miei».

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