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Sanità
02 Ottobre 2025 - 10:39
Una tachicardia incessante e resistente ai farmaci ad appena 11 anni di vita, nonostante Davide - questo il nome del giovane ragazzo lombardo - era uno sportivo. Ma questo non gli ha risparmiato una cardiopatia congenita. E' stato solo grazie al delicato intervento di crioablazione - una tecnica avanzata che permette di neutralizzare il tessuto anomalo arrivando anche a -190 gradi - eseguito dall’equipe di Cardiologia dell’ospedale Cardinal Massaia di Asti, che è riuscito ad evitare il pacemaker.
Il ragazzo era stato sottoposto a un primo tentativo di ablazione in un centro ad alta specializzazione, ma senza successo. L’esito parziale dell’intervento aveva, anzi, addirittura peggiorato la situazione clinica, aggravando la sua tachicardia.
«Davide presentava una via anomala che decorreva molto vicina al fascio di conduzione principale del cuore – racconta il dottor Marco Scaglione, direttore della Cardiologia dell’Asl AT –. Questo causava accessi di tachicardia molto veloce. Dopo il fallimento della prima ablazione, il rischio era che si rendesse necessario un impianto permanente di pacemaker, una soluzione che volevamo assolutamente evitare, vista l’età del paziente».
Trasferito d’urgenza ad Asti, Davide è stato sottoposto a un nuovo intervento, questa volta con crioablazione, tecnica che utilizza il freddo, riducendo drasticamente il rischio di danni collaterali.
«Abbiamo unito esperienza e tecnologia – spiega Scaglione –. Asti è stato tra i primi centri in Europa a dotarsi di questa tecnologia, nel 2000, diventandone un punto di riferimento. Oggi possiamo trattare anche i casi pediatrici più complessi con margini di sicurezza altissimi». Due giorni dopo l’intervento, Davide è stato dimesso e ha potuto riprendere una vita normale, inclusa l’attività sportiva.
La struttura diretta dal dottor Scaglione è oggi tra le poche in Italia in grado di eseguire interventi di alta complessità su pazienti pediatrici e con cardiopatie congenite, grazie anche alla collaborazione con centri di riferimento come l’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino, il Gaslini di Genova e il Sant’Orsola di Bologna.
«L’alta professionalità dell’equipe e la profonda conoscenza della materia sono il vero valore aggiunto – sottolinea Giovanni Gorgoni, direttore generale dell’Asl AT –. Asti è da oltre trent’anni tra le eccellenze italiane e internazionali nella cura delle aritmie». A oggi, oltre 13mila pazienti hanno effettuato ablazioni nella struttura astigiana. Il 66% di loro proviene da fuori provincia e da tutto il territorio nazionale.
Il reparto è anche centro di alta specializzazione riconosciuto dalla Regione Piemonte per Elettrofisiologia e Aritmologia, e sede di formazione per l’Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione, collaborando con numerose università italiane: da Torino a Bologna, da Palermo a Verona.
Nel 2018, la Cardiologia di Asti è stata la prima al mondo a introdurre l’ipnosi clinica come tecnica di analgo-sedazione per l’impianto di defibrillatori. Oggi è routine: oltre 2.000 pazienti hanno già beneficiato della tecnica, e più di 100 operatori sanitari del Cardinal Massaia sono stati formati internamente.
Il prossimo corso di formazione in ipnosi clinica partirà il 7 ottobre, coinvolgendo altri 30 professionisti, con il dottor Scaglione tra i docenti. «Un passo avanti verso un ospedale senza dolore e più umano», afferma Gorgoni.
Secondo l’ultimo report di Agenas, la Cardiologia astigiana è prima in Piemonte e quinta in Italia per sopravvivenza a 30 giorni dall’infarto, e ancora prima in regione (20ª a livello nazionale) per rapidità nell’esecuzione dell’angioplastica nei casi urgenti. Il reparto esegue ogni anno circa 1.300 procedure di emodinamica, 200 in urgenza, e ha già impiantato circa 25 protesi aortiche (TAVI).
A sottolineare la soddisfazione per l'operato del centro anche l’assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi: «La Cardiologia di Asti si conferma un’eccellenza consolidata – ha dichiarato –. È la dimostrazione che si possono raggiungere traguardi importanti anche negli ospedali di provincia, grazie alla competenza, alla visione e a un forte investimento sull’umanizzazione delle cure. La Regione Piemonte continuerà a sostenere con convinzione questo modello».
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