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Il fatto
08 Novembre 2025 - 11:30
La situazione del sistema sanitario italiano è sempre più preoccupante. Secondo le ultime dichiarazioni di Francesco Maria Chelli, presidente dell’Istat, rilasciate durante l'audizione sulla Legge di Bilancio 2026, emerge un dato allarmante: circa il 10% degli italiani ha dovuto rinunciare a curarsi, una tendenza in crescita rispetto agli anni precedenti. Ma quali sono le cause di questo fenomeno e quali i numeri dietro a questa realtà?
Nel 2024, circa 5,8 milioni di persone, pari al 9,9% della popolazione, hanno dichiarato di aver dovuto rinunciare a visite o trattamenti medici a causa di lunghe attese, costi troppo elevati o difficoltà logistiche. Questo rappresenta un incremento rispetto ai 4,5 milioni dell’anno precedente. La principale causa di rinuncia rimangono le liste di attesa troppo lunghe, una problematica che colpisce soprattutto gli adulti tra i 45 e i 64 anni (8,3%) e gli anziani sopra i 65 (9,1%). Inoltre, il fenomeno è più accentuato tra le donne, con un 7,7% di rinunce, con picchi del 9,4% nella fascia di mezza età.
Secondo il Rapporto Gimbe sullo stato del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), i dati confermano una tendenza preoccupante: nel 2024 le rinunce alle prestazioni mediche sono aumentate del 51% rispetto all'anno precedente. In ben 11 regioni, tra cui Lazio, Lombardia, Puglia e Sardegna, la percentuale di cittadini che non hanno potuto accedere alle cure è superiore alla media nazionale. La situazione più critica si registra in Sardegna, dove quasi il 17,2% della popolazione ha rinunciato a prestazioni mediche.
Le ragioni dietro l’aumento delle rinunce sono molteplici. Tra le principali ci sono i ritardi nelle diagnosi e i controlli saltati, come ad esempio colonscopie rinviate di oltre sei mesi, visite cardiologiche con attese che arrivano fino a quattro mesi, e consultazioni neurologiche che possono richiedere oltre 120 giorni. Questo, mentre il sistema sanitario appare sempre più affaticato. Giacomo Baldi, anestesista e fondatore di GapMed, ha sottolineato che, sebbene l'Italia mantenga un sistema sanitario universalistico, il rischio di un suo collasso è concreto se non vengono affrontate le inefficienze strutturali.
Un altro fattore determinante è la carenza di personale medico. Secondo GapMed, il SSN avrebbe bisogno di almeno 16.500 medici aggiuntivi per ridurre in maniera significativa le liste d'attesa. Le specializzazioni con maggiori carenze sono la medicina generale, la pediatria, la medicina interna e l’anestesia. La situazione più grave riguarda i medici di base: in dieci anni, il numero di medici di famiglia è calato di circa il 20%, passando da oltre 45.000 a meno di 38.000. Questo significa che oltre 5 milioni di italiani non hanno un medico di riferimento, e questa cifra è destinata a crescere nei prossimi anni.
Le difficoltà non riguardano solo il numero di medici già in servizio, ma anche la scarsa attrattività della professione. Nei bandi 2024 per l’accesso ai corsi di medicina generale, circa il 15% delle borse di studio disponibili è rimasto vacante. Le rinunce da parte dei candidati sono state particolarmente alte in regioni come Marche, Molise e Lombardia, dove le percentuali hanno superato il 50%. A contribuire a questa crisi sono anche le basse borse di studio: un medico di base percepisce solo 900 euro al mese, meno della metà rispetto ai 1.600 euro destinati agli specializzandi universitari.
A rendere ancor più insostenibile la situazione è l’alto carico di lavoro a cui sono sottoposti i medici, soprattutto i medici di base. In Lombardia, ad esempio, il 74% dei medici supera il limite di 1.500 assistiti, con alcuni professionisti che arrivano a seguire fino a 2.000 pazienti. Inoltre, il progressivo invecchiamento della popolazione aggravato dall’aumento degli ultraottantenni, che sono triplicati negli ultimi 40 anni, rende ancora più difficile gestire le necessità sanitarie. Secondo le proiezioni, entro il 2034 quasi un terzo degli italiani avrà più di 65 anni, mentre il numero dei medici continua a diminuire.
Per affrontare questa emergenza, Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, ha sottolineato che il massimale di 1.500 assistiti per medico, fissato negli anni Ottanta, è ormai insostenibile. La popolazione è più anziana e malata, ma i medici sono sempre meno. Le proposte in campo includono un incremento del personale medico e una riorganizzazione delle risorse disponibili per migliorare l’efficienza del sistema.
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