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Omicidio Poggi
08 Novembre 2025 - 12:15
Un elemento genetico decisivo emerge nel caso di Chiara Poggi: sotto una delle unghie della mano destra della giovane, probabilmente il mignolo, è stato rilevato un Dna maschile compatibile con quello di Andrea Sempio, oggi indagato in un nuovo filone investigativo sull’omicidio di Garlasco. La rivelazione è arrivata durante la trasmissione Ore 14 Sera su Rai2, condotta da Milo Infante.
Secondo quanto riportato, il profilo genetico individuato – noto come prova MDX5 – indicherebbe un contatto diretto «da difesa», escludendo la possibilità che si tratti di semplice contaminazione ambientale. Il fatto potrebbe cambiare la ricostruzione degli eventi nella sera del delitto.
Le analisi condotte dal Ris di Parma hanno evidenziato la presenza di materiale genetico maschile sotto la mano destra della vittima. La quantità di Dna è significativa e compatibile con un contatto fisico diretto tra Chiara Poggi e l’aggressore, contraddicendo la prima autopsia del medico legale Marco Ballardini, che aveva suggerito che la giovane non avesse avuto il tempo di difendersi prima di essere colpita da un oggetto contundente.
Se confermato, il nuovo reperto apre la possibilità che Chiara Poggi abbia tentato di difendersi, graffiando o afferrando l’aggressore, offrendo così un’altra chiave di lettura della dinamica del delitto.
Le prime indagini avevano già riscontrato diverse criticità, tra cui una conservazione approssimativa delle unghie della vittima. Le unghie furono inizialmente tagliate e divise in due provette generiche per mano, invece che per singolo dito. Successivamente, questa suddivisione fu corretta, ma una delle unghie – quella del mignolo sinistro – risultò persa, riducendo i campioni disponibili da dieci a nove.
Per approfondire il caso, gli inquirenti hanno affidato una nuova consulenza all’anatomopatologa Cristina Cattaneo. La specialista dovrà riesaminare le cause della morte e la dinamica dell’aggressione, prendendo in considerazione sia i rilievi originali sia l’analisi del luogo del delitto. L’obiettivo è stabilire se la vittima abbia davvero cercato di difendersi e se questa evidenza possa modificare la ricostruzione dei fatti.
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