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Suicidio assistito in Italia, tra sentenze e iter sanitario: cosa prevede davvero la procedura

Dal caso Dj Fabo alla sentenza 242/2019: come si accede al suicidio medicalmente assistito, quali sono i requisiti, chi decide e perché manca ancora una legge nazionale

Suicidio assistito in Italia, tra sentenze e iter sanitario: cosa prevede davvero la procedura

Il 17 novembre sono scomparse a 89 anni Alice ed Ellen Kessler, leggendarie interpreti dello spettacolo europeo. Secondo la stampa tedesca, le due sorelle avrebbero scelto il suicidio assistito, una possibilità ammessa in Germania entro rigidi criteri. Questo evento ha riacceso il dibattito sul fine vita e sulle profonde differenze normative tra i due Paesi.

In Germania, il suicidio assistito è stato depenalizzato nel 2020 dalla Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittimo il divieto allora vigente e ha riconosciuto agli individui il diritto all’autodeterminazione anche nel momento della morte. La sentenza precisa che l’assistenza al suicidio deve avvenire su decisione libera e consapevole, e che nessuno può essere obbligato a favorire il gesto. Al tempo stesso, il Parlamento resta libero di introdurre una regolamentazione specifica, che però non è ancora stata approvata. Per accedere alla procedura è necessario dimostrare piena libertà decisionale, essere maggiorenni e possedere capacità giuridica, mentre l’eutanasia attiva continua a essere vietata. Secondo i dati della Dghs, nel 2024 nel Paese si sono registrati circa 10.300 suicidi, dei quali tra 1.000 e 1.200 riconducibili al suicidio assistito.

In Italia, il percorso è stato segnato da casi che hanno lasciato un’impronta profonda. La vicenda di Eluana Englaro ha portato nel 2017 all’introduzione delle DAT (Disposizioni anticipate di trattamento), mentre la storia di Dj Fabo, morto in Svizzera nel 2017, ha condotto alla storica sentenza 242/2019 della Corte costituzionale. Tale decisione ha stabilito che non è punibile l’aiuto al suicidio fornito a una persona capace di autodeterminarsi, affetta da una patologia irreversibile accompagnata da sofferenze ritenute intollerabili e dipendente da trattamenti di sostegno vitale.

In assenza di una legge nazionale specifica, l’iter italiano prevede una richiesta alla propria ASL, la valutazione da parte di una commissione medica multidisciplinare e il parere del comitato etico territorialmente competente. Al termine delle verifiche, la persona può decidere se accedere al suicidio medicalmente assistito.

Sul piano politico, una proposta di legge approvata dalla Camera nel 2021 non ha completato il percorso in Senato, e la maggioranza sta lavorando a un nuovo testo, sebbene rimangano distanze significative tra i partiti. In questo vuoto normativo, alcune Regioni hanno scelto di intervenire autonomamente: la Toscana è stata la prima, nel febbraio 2025, seguita dalla Sardegna nel settembre 2025, che ha previsto anche l’assistenza sanitaria gratuita per chi soddisfa i criteri stabiliti.

Ad oggi in Italia 16 persone hanno ottenuto l’autorizzazione alla procedura: 12 hanno effettivamente portato a termine il suicidio assistito, 2 hanno rinunciato e 2 sono in attesa. Nell’ultimo anno sono arrivate 16.035 richieste di informazioni sul fine vita, pari a una media di 44 al giorno e con un aumento del 14% rispetto ai dodici mesi precedenti. Gran parte delle domande è stata raccolta dal Numero Bianco, servizio gestito dall’Associazione Luca Coscioni.

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