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Il caso
23 Novembre 2025 - 20:55
Sono ancora tre gli evasi dalle carceri torinesi. Due arrivano dal Lorusso e Cotugno: Ferdinando Palmini e Juri Peca, albanese, 49 anni. Quest’ultimo lavorava nell’edilizia. Gli restavano nove mesi alla fine della pena. Una condotta ritenuta impeccabile, tanto da ottenere l’accesso al lavoro esterno. Una scelta premiata dalla direzione, mai contestata. Per questo ora, sulla sua fuga, il legale, l’avvocato Salvatore Dionesalvi, non nasconde l’inquietudine:«Non so se si tratti davvero di un’evasione. Il mio assistito si è sempre comportato bene, aveva diritto ai benefici e allo sconto di pena. Non rientra dalla fine di ottobre e temo possa essergli accaduto qualcosa». L’altra metà della cronaca arriva dal Ferrante Aporti, il carcere minorile. Due i ragazzi che hanno tentato l’evasione. Uno c’è riuscito: 17 anni, marocchino, originario di Bergamo, dove vive una compagna e un figlio. L’altro no: ha scavalcato la prima recinzione, è arrivato alla seconda e lì è caduto. Ospedale, fratture serie: venticinque giorni di prognosi, la caviglia destra «demolita», come riportano i sanitari. Ora è di nuovo dentro.
Il quadro complessivo, intanto, si muove su un altro binario, quello della tensione interna. Nel carcere degli adulti si registra un recente suicidio, mentre continuano le denunce dei sindacati della penitenziaria. I buoni pasto non vengono più erogati dal 2024. Le spese di missione - trasferte, trasferimenti, servizi fuori sede - sono anticipate dagli agenti, che aspettano ancora i rimborsi.
Dieci operatori del Ferrante sono stati trasferiti in altre carceri del Sud, senza sostituzioni. Risultato: organico sotto la soglia considerata tollerabile. Lo ripetono da mesi i sindacati dell’Osapp, che nel frattempo hanno diffidato l’amministrazione penitenziaria. Una situazione definita «fuori controllo». Dall’altra parte delle sbarre, i detenuti parlano di sovraffollamento cronico, senza una via d’uscita. Poche occasioni di studio o lavoro: uno su tre, denunciano, passa la giornata senza attività perché non ci sono progetti disponibili. Mancano psicologi ed educatori. E i magistrati di sorveglianza, che dovrebbero incontrarli per decidere del loro percorso, spesso non si vedono.
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