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Il caso
05 Settembre 2025 - 12:00
Foto d'archivio
Una parte importante del servizio idrico piemontese cambia guida. L’Ato2, l’ambito che comprende i territori di Vercelli, Biella e Casale, ha scelto come nuovo gestore unico Bcv Acque Spa, società pubblica in house controllata dai gestori idrici locali e del Monferrato. La decisione, arrivata a inizio settimana con il 63% dei voti dopo diversi rinvii e aggiustamenti di quorum, segna la fine della gestione di Asm Vercelli, storica multiutility partecipata al 60% da Iren e al 40% dal Comune di Vercelli.
Per il gruppo guidato dal presidente esecutivo Luca Dal Fabbro si tratta di un passo indietro significativo. Da un lato, è previsto un indennizzo di 60 milioni di euro come compensazione per l’uscita, cifra che copre l’impatto economico immediato. Dall’altro, la perdita di questa concessione rischia di segnare un indebolimento strategico: Iren potrebbe di fatto uscire dal servizio idrico piemontese, pur restando ben radicata in altre aree del Paese, come Piacenza, Reggio Emilia, Livorno e il Tigullio. Un ridimensionamento che assume un'importanza politica, considerando il peso del Comune e della Provincia di Torino tra gli azionisti della multiutility.
L’esito della gara non sembra però scritto in modo definitivo. Non è escluso che Iren possa ricorrere contro la decisione dell’Ato2, contestando alcuni passaggi della procedura, come l’emendamento che ha ribaltato pareri tecnici inizialmente sfavorevoli all’in house. A rendere la situazione più complicata c’è la posizione del Comune di Vercelli, che non ha partecipato alla votazione: un’assenza pesante, visto che la rete idrica vercellese è considerata la più avanzata dell’ambito e potrebbe finire penalizzata rispetto alle altre.
Il vero nodo resta quello degli investimenti. Il settore idrico è altamente capital intensive, richiede cioè ingenti risorse per garantire qualità del servizio e riduzione delle perdite. Iren aveva già messo in campo un piano da un miliardo di euro per rafforzare la rete e ridurre gli sprechi. Ora toccherà alla nuova società pubblica farsi carico di questo impegno, con la sfida non banale di reperire i capitali necessari.
Lo stesso Dal Fabbro, intervenendo alla Euronext Sustainability Week 2025, ha sottolineato la sproporzione tra fabbisogni e risorse disponibili: “Per ammodernare le reti e ridurre le perdite sotto il 40% servirebbero 6 miliardi l’anno, mentre il Pnrr ne ha allocati meno di uno”. Un'incongruenza che fotografa una criticità strutturale ma anche una grande opportunità, considerando che l’acqua in Italia genera 350-380 miliardi di valore, pari al 18-20% del Pil nazionale.
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