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ECONOMIA & ISTRUZIONE
25 Settembre 2025 - 12:00
Stipendi troppo bassi, inflazione che corre, insegnanti sempre più lontani dai colleghi europei. È su questo terreno accidentato che governo e sindacati tornano a sedersi al tavolo per il rinnovo dei contratti della scuola. Dopo mesi di attesa e polemiche, la trattativa riparte: in ballo ci sono soldi freschi, nuove misure di welfare e promesse di assunzioni, ma anche nodi che rischiano di trasformarsi in un muro contro muro.
Il decreto Scuola ha messo sul piatto 240 milioni di euro in più, che garantiranno agli insegnanti un incremento una tantum di circa 145 euro. Una cifra che si aggiunge ai fondi già stanziati e che porta l’aumento medio in busta paga a 150 euro lordi al mese. Un segnale, ma lontano dall’essere la svolta che i sindacati chiedono.
Nel frattempo, il Ministero dell’Economia ha avviato l’esame delle linee guida per il nuovo contratto 2025-2027, mentre altri comparti pubblici — come Sanità e Funzioni centrali — hanno già chiuso il triennio 2022-2024. La scuola e gli enti locali restano indietro, e la pressione cresce.
Il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo e quello dell’Istruzione Giuseppe Valditara puntano a chiudere l’accordo entro fine novembre. Ma Cgil e Uil, insieme ad altre sigle della scuola, non ci stanno: l’aumento del 6% viene giudicato insufficiente, e si chiede di attingere anche ai fondi del prossimo triennio.
La loro posizione si regge su dati difficili da ignorare. Secondo l’Ocse, gli stipendi degli insegnanti italiani sono inferiori del 15% rispetto alla media europea. Nella scuola primaria il divario tocca punte del 70% con la Germania, del 27% con la Spagna e del 23% con la Francia. E dal 2015 a oggi i docenti hanno perso il 5,6% del potere d’acquisto, mentre all’estero gli stipendi continuavano a crescere. Il malessere si sente anche guardando dentro i confini nazionali. Nel settore pubblico, chi lavora in Istruzione e Ricerca guadagna in media il 23% in meno rispetto ai colleghi dei ministeri e quasi il 19% in meno della media generale della Pa. Un divario che spiega bene perché la scuola fatichi a essere attrattiva per i giovani laureati.
Per provare a dare una risposta, Valditara propone di inserire i docenti nel programma Casa, insieme alle giovani coppie, così da sostenere chi deve trasferirsi in un’altra città. Ma altre richieste rimangono ferme al palo: i ticket restaurant e l’indennità di missione non trovano per ora copertura economica. L’Aran, l’agenzia che tratta per conto del governo, ha chiarito che se ne potrà parlare solo in sede di contrattazione integrativa.
Al di là degli aumenti, i sindacati chiedono di valorizzare meglio le competenze, riconoscere il burnout come patologia invalidante e dare più peso ai compiti extra-didattici che oggi gravano sul personale. Nel nuovo contratto è stato inserito anche un capitolo dedicato agli insegnanti italiani all’estero, mentre sul fronte assunzioni è già arrivato il decreto di Zangrillo che prevede 58 mila immissioni in ruolo in tre anni: oltre 4.800 già per il 2025/2026.
A complicare il quadro c’è anche la proposta di ampliare i poteri disciplinari dei dirigenti scolastici. Una linea che i sindacati respingono con forza, denunciando il rischio di sanzioni poco imparziali se decise da chi contesta il comportamento e non da un organismo terzo.
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