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I titoli e gli autori più venduti
14 Maggio 2024 - 05:50
Stavolta il mondo non si è capovolto e il generale Vannacci, almeno qui, non ha ripetuto l’exploit del suo primo libro. Da Piemme lo sussurrano sotto voce: una trentina di copie in cinque giorni, numeri ben lontani da quelli dell’altro autore su cui l’editore ha puntato, ossia Salvini. Sarà che questa seconda opera costava ben più della prima (autopubblicata). Facezie a parte, il mondo non si è capovolto perché nell’ennesimo Salone dei record, gli editori festeggiano per il boom di vendite. Quelli grandi, o rinomati. Perché quelli piccoli, gli indipendenti, le realtà locali invece tirano un sospiro di sollievo per essere riusciti a salvarsi le spese.
Sì, in fondo è questa la realtà dell’editoria italiana, di cui il Salone è una fotografia fedele: tutti in coda per i big, i bestseller - come è anche giusto -, ma dove lo trovi il tempo di fermarti anche nelle piccole realtà? Per fare qualche esempio, da e/o dicono di aver raddoppiato il fatturato, mentre Laterza segna un +20% rispetto all’anno scorso, grazie alla star Alessandro Barbero. Don Winslow, il re del crime americano al passo d’addio, fa volare HarperCollins Italia con +35%. Joel Dicker porta un +15% alla Nave di Teseo. Aboca edizioni ha registrato un +40%, Feltrinelli ha esaurito “La città che non c’è” di Yu Hua quando la comunità cinese di Torino, soprattutto ragazzi, ha invaso lo stand comprando ogni copia. Per Neri Pozza +25%, Marcos y Marcos riscontra un +25% e via dicendo. Tutti dati che dimostrano, come dicono chiaramente alcuni editori indipendenti, che le vendite sono influenzate dagli eventi.
Ed è questo il fatto. L’editoria non è fatta solo di bestseller e grandi gruppi editoriali o importanti aziende: il Piemonte, dati della Camera di Commercio alla mano, per esempio conta 3.175, con 16mila dipendenti. E 9 su 10 di queste imprese sono considerate “micro”. Ci sono gli editori, gli stampatori, i grafici, una lunga filiera di gente che deve sopravvivere affidandosi al libro cartaceo, questa risorsa imprescindibile. E cosa si fa per questo settore, troppo spesso dimenticato?
Ieri abbiamo avuto l’occasione di parlarne, grazie all’ospitalità di Rete7, nel suo stand-studio al Bookstock. Ne è venuta fuori una idea che trasformiamo in proposta: la prossima edizione, come già aveva provato a fare Lagioia qualche tempo fa, ogni big è tenuto a scegliersi un giovane, un esordiente un criptoscrittore da “adottare”; ogni colosso dell’editoria deve “adottare” una casa editrice indipendente. Eventi condivisi, presentazioni congiunte, il Grande Autore che presenta il libro del Giovane Autore Sconosciuto. Insomma, costringere i big a uscire da un’ottica di autoreferenzialità, come se il Salone fosse solo dei grandi. Per loro sarebbe una mossa a costo zero, per i piccoli una manna. E se non accettano? Beh, possiamo sempre raddoppiargli il canone d’affitto degli stand.
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